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46 | racconto sesto |
Per avventura la madre di Niccolò potè restare illesa in così terribile rovina della sua patria; ma oh Dio! ella non sperava di ritrovar vivo il figliuolo.
Per quanti sforzi avesse fatto a tenerselo stretto al suo fianco, tuttavia la furia della gente che fuggiva ora quà e ora là, e l’impeto dei feroci soldati ne l’avevano separata. Già nella chiesa non s’udivano altro che i gemiti dei moribondi, le grida disperate delle madri; e ad ogni passo s’incontravano cadaveri d’innocenti. Oh! a lei non importava di esser rimasta viva, senza il figliuolo. Si pose a chiamarlo ad alta voce, a domandarne per tutto, ma invano; alla fine le parve di scorgerlo quasi sepolto sotto i cadaveri d’altri fanciulli. Corse colà, e non s’era ingannata; lo trasse di sotto ai cadaveri, se lo pose affannosa sulle ginocchia, e sentì che il cuore batteva ancora. Ma lo sventurato fanciullo aveva cinque gravi ferite nella testa, il volto tutto imbrattato di sangue, ed ogni istante poteva essere l’ultimo della sua vita. Tuttavia parendole di aver ritrovato un tesoro, lo prese in collo; e senza paura dei nemici che scorrevano per le vie uscì di chiesa, e lo portò a casa con la speranza, ma debole, di salvarlo. Come fare? nella sua indigenza non aveva modo di procacciargli medici nè medicine; e in quei momenti chi avrebbe dato ascolto alle sue querele? Ognuno aveva di che temere per sè medesimo, e gli stessi facoltosi erano privi dei necessari soccorsi. La povera madre non potè fare altro che lavarlo subito diligentemente con l’acqua, e s’accorse che il semplice, il solo espediente che le