di Niccolò; ma i suoi genitori furono tanto poveri, ed egli ebbe nell’infanzia tali disgrazie, che ignorò perfino il proprio casato. Solamente sappiamo che suo padre fu una specie di vetturale, e che lo chiamavano Michelotto cavallaro. In quel tempo poi la Lombardia era travagliata da molte guerre, e vari popoli stranieri, come Tedeschi, Francesi, Spagnuoli, vi si combattevano per usurparne o per saccheggiarne chi una parte, chi un’altra. In tanto trambusto era difficile che i figliuoli dei poveri potessero essere educati bene e istruiti. Quasi tutti gli uomini andavano alla guerra, od erano continuamente minacciati, perseguitati e spogliati dagli stranieri amici o nemici. Le donne e i bambini stavano per le case impauriti, o fuggivano nelle campagne vicine, e vivevano per tutto con timore e disagio. La città di Brescia in quel tempo fu una delle più soggette a gravissimi danni. Sicchè Niccolò, per esser nato appunto allora e da poveri genitori, non potè avere nè educazione nè istruzione, e cresceva rozzo e ignorante di tutte le cose. Era giunto appena all’età di sei anni quando gli morì il padre, e diventò più tribolato che mai. La madre appena poteva campare per sè, faticando tutto dì fuori di casa o chiedendo l’elemosina quando non aveva da lavorare. Così Niccolo rimaneva abbandonato a sè stesso le intere giornate in mezzo a una piazza o per una strada; il suo misero corpicciuolo non aveva che pochi stracci per coprirsi dal freddo, e spesse volte patì la fame. Nè v’era da incolparne quella povera donna di sua madre;