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164 | racconto undecimo |
sciagure egli dipinse non senza profondo accorgimento. E una donna di belle e robuste membra e nuda in gran parte; ma le poche vesti neglette e ingemmate significano che per l’innanzi doveva essere stata coperta di ricchissimi adornamenti; il sinistro piede è avvinto a una grossa catena, celata in parte dai fiori e confitta in uno scoglio su cui è posto un vaso di squisito lavoro. Il vaso stesso versa rade ma continue gocce sull’anello della catena; un ramo d’ellera e tenacemente abbarbicato allo scoglio, e la sfera, simbolo del tempo, campeggia sul vaso. Quella donna guarda con occhio fisso e con aria di dignitosa e tranquilla rassegnazione le gocce che cadono sull’anello... L’Italia era sempre bella e ricca, quasi augusta matrona che esce da una festa, allorchè fu messa in catene e condannata al dolore... Forse fu questo il pensiero del Salviati; questa almeno e l’interpretazione d’un mio amico, e che io volentieri adotto, per la stima in che egli e tenuto dai più chiari ingegni del nostro tempo.
FINE.