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cecchin salviati 147
LA SEPARAZIONE

Una sera d’Ottobre, sulla mesta ora del tramonto, Francesco parlando a una monaca dello spedale di S. Maria Nuova chiedeva della sorella. «Ora, se potrà venire, gli fu risposto, la condurrò.» Ed egli si pose a girare in su e in giù per la stanza a capo basso, di tempo in tempo traendo sospiri angosciosi. Poco dopo l’Anna comparve sorretta dalla compagna. Aveva la faccia pallida nè molto dissimile al bianco lino che le fasciava il capo, le labbra scolorite, il naso affilato, e lucida quella piccola parte di fronte che rimaneva scoperta dal velo. I bei capelli neri, che prima le cadevano inanellati sopra le spalle erano stati rasi; gli occhi aveva socchiusi e fissi al suolo; e il capo piegato languidamente, in atto sempre di cercare un appoggio. Postasi a sedere, riprese fiato stringendosi al cuore la mano del fratello, e poi con tenera voce gli disse: «Ah! Francesco, tu vuoi farmi sempre tremare per la tua vita... Dio lo sa se vorrei vederti ogni giorno; ma finchè, e qui abbassava la voce, finchè regna quel mostro d’Alessandro, tu corri inutilmente un gran rischio rimanendo in Firenze.» — «Se tu sapessi, rispose Francesco, quanto mi costerà l’abbandonarti!

Anna. E a me, non credi che debba dispiacere altrettanto? Ma per ora il tuo restare mi affligge maggiormente.

Franc. Dunque se io partissi...