Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
128 | racconto undecimo |
assediato in Castel s. Angiolo dagli imperiali, i Medici, cioè il cardinale Passerini, e Ippolito e Alessandro, il 17 dello stesso mese, accompagnati dal conte Piero Noferi e da molti altri, si partirono di Firenze (sebbene non mancò chi dicesse, mentre se ne andavano per la via larga, la quale era calcata di gente, che un dì, d’avergli lasciati partire, indarno si pentirebbero); e usciti per s. Gallo si condussero pieni di paura al Poggio a Cajano, indi a Pistoia ed a Lucca1.
Così la Repubblica era tornata libera; ma per sostenersi, le conveniva stare tutta unita, combattere da sè con forze troppo diseguali contro un infinito numero di nemici italiani e stranieri; e quasi fosse ormai condannata a irreparabile rovina, i generosi suoi sforzi dovevano riescire inutili pel tradimento del capitano2. Non le mancarono giovani di valore3, uomini di senno per governare4, prodi capitani per la guerra5, abili artisti per alzar bastioni e fortezze6, ardimento di popolo, esempi di magnanimi sacrifizj; ma i suoi mali erano senza rimedio, e vi si aggiunse ancora quello della pestilenza, la quale se non fu delle più micidiali, sbigottì la gente col timore di peggio. Quindi tra il Luglio
- ↑ Varchi Lib. III.
- ↑ Malatesta Baglioni.
- ↑ Dante da Castiglione.
- ↑ Niccolò Machiavelli
- ↑ Francesco Ferrucci.
- ↑ Michelangiolo Buonarroti.