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uomini autorevoli nella repubblica, e niuno di loro si sarebbe mai riputato inferiore agli altri cittadini, benchè stesse in bottega col grembiale alla cintola. Anzi chi non era ascritto all’arte non poteva ottenere magistrature; e l’antica nobiltà e la ricchezza nulla valevano per chi avesse preferito all’onesto lavoro gli ozj fastosi e le vanità cortigiane. Gli artefici erano insieme uniti in tante corporazioni o capitudini, dette arti maggiori e arti minori, e tutti s’eleggevano un capo, col nome di Console o Gonfaloniere, che gli rappresentasse nel governo della repubblica; avevano armi per difendere al bisogno la libertà e la patria, assegnamenti per assistere i colleghi poveri; e al suono della campana del popolo si radunavano sotto le loro insegne od imprese chiamate gonfaloni1. Il gonfalone dell’arte della lana sta appeso a una colonna del Duomo che fu eretto in gran parte coi guadagni di quegli operai; ed ogni

  1. Nel 1266 il popolo fu distinto in sette arti che in seguito furon chiamate maggiori, e comprende vano: 1° i giudici e notai, 2° i mercanti dei panni nostrali e quelli dei panni francesi, ossia l’arte di Calimala e quella di Calimaruzza, 3° i cambiatori, 4° quelli dell’arte della lana, 5° setaioli e merciai, 6° medici e speziali, 7° pellicciai e vaiai. A queste ne furono aggiunte prima cinque delle minori e poi quattordici nel 1282; e furono: Beccai, calzolai, fabbri, rigattieri, muratori e scarpellini, vinattieri, albergatori, oliandoli, pizzicagnoli e funaioli, calzaiuoli, corazzai e spadai, chiavaiuoli, correggiai, legnaioli, fornai. Ve ne erano altre senza collegio o capitudine, ma si riunivano a qualcheduna delle descritte. Varchi, Lastri ec.