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ATTO SECONDO 85

che tali fummo create. Come si svolgerà quest’intreccio? Il mio signore l’ama appassionatamente, ed io, povera fanciulla, sotto metamorfosi tanto strana, son del pari appassionatamente innamorata di lui. Ella, credendomi un uomo, di me s’invaghisce: a che riescirà ciò? Finchè offrirò le sembianze d’un uomo, mi è forza il disperare di poter ottenere l’amore del signor mio; ed essendo donna, oimè, quanti inutili sospiri esalerà la sfortunata Olivia! Oh tempo, tocca a te, e non a me lo sciogliere questo nodo: esso è troppo tenace pel mio ingegno. (esce)

SCENA III.

Una stanza nella casa di Olivia.

Entrano ser Tobia Belch e ser Andrea Maldigota.

Tob. Avvicinatevi, ser Andrea. Non essere a letto dopo mezzanotte è un esser levato per tempo, e diluculo surgere... tu sai il resto.

And. No, in verità, nol so: ma so che alzarsi tardi, val non alzarsi presto.

Tob. Falsa conchiusione: io l’abborro come un fiasco vuoto. Esser su dopo mezzanotte, e andar a letto allora, è un coricarsi per tempo: cosìcchè l’andar a letto dopo mezzanotte, è un andar a letto di buon’ora. La nostra vita non è forse composta di quattro elementi?

And. In fede, lo dicono; ma io credo piuttosto che sia composta di mangiare e bere.

Tob. Tu se’ un dotto; mangiam dunque, e beviamo. — Olà, Marianna!.... Portaci un barile. (entra il Villico)

And. Viene il pazzo, in fede.

Vil. Come va, cuori miei? Vedeste mai il ritratto di noi tre?

Tob. Ben giunto, ciuco. Fanne udire il tuo raglio.

And. In fede, il pazzo ha buona voce. Vorrei per quaranta scellini posseder le tue gambe e la tua voce. In verità, tu fosti molto grazioso la scorsa notte, parlando di Pigrogromitus, del Vapiani, dell’Equinozio, di Quenbus, ecc. ecc.: fu bello, fu bello. Io ti mandai dodici soldi col ministero della tua amante: li avesti?

Vil. Ne investii la gonna della mia amorosità, che ha la mano bianca più delle gote del crepuscolo. La casa dei Mirmidoni però non è una taverna.

And. Ottima sentenza. Ora canta.