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ATTO PRIMO 77


Mal. Egli continuerà così fino alle agonie della morte. L’infermità che fa deperire il savio, può solo guarire i dementi.

Vil. Dio vi mandi, signore, una subita infermità, onde guariate! Ser Tobia giurerà ch’io non sono una volpe, ma egli non oserebbe asserire che voi non siate un cervello vuoto.

Ol. Che rispondete a ciò, Malvolio?

Mal. Stupisco che Vostra Signoria possa trovar diletti in sì insulsì motti: io vidi costui abbattuto l’altro giorno dal buffone più comune, ch’ha tanto acume in testa, quanto se ne racchiude in una pietra. Vedete, egli è di già confuso: se voi non rideste, e non gli forniste materia di diporto, ei non saprebbe che dirsi. Dichiaro ch’io reputo tutti gli uomini sensati che applaudiscono agli sciocchi discorsi di tale specie di gente, come i buffoni medesimi di quelli di cui solleticano la stoltezza.

Ol. Oh voi avete troppo amor proprio, Malvolio, e poco buon gusto. Chiunque è generoso, gioviale e puro di coscienza, prende per freccie senza pungolo quei motti, che voi riguardate come palle da cannone. Non v’è alcuna malignità in un buffone di professione, che celia continuamente; e non v’è fiele negli scherzi d’un uomo conosciuto per savio e discreto, quand’anche ei si piacesse nel censurare.

Vil. Mercurio ti conceda il dono di mentire, poichè dici così bene dei pazzi! (rientra Maria)

Mar. Signora, v’è alla porta un giovine gentiluomo che desidera molto di parlarvi.

Ol. Per parte del Conte Orsino, non è vero?

Mar. Non lo so, signora: è un bel giovine con un gran seguito.

Ol. Chi lo trattiene alla porta?

Mar. Ser Tobia, signora, lo zio vostro.

Ol. Fatelo partire, Ve ne prego, ei non compie che opere insensate: vergogna a lui. (esce Maria) Va tu pure, Malvolio, e se è un messaggiero del conte, di’ che sono inferma, o che non sono in casa; adopera ogni mezzo, purchè lo licenzi. (Mal. esce) Ora voi vedete, messere, (al Vil.) come i vostri scherzi divengono scipiti; e spiacciono a tutti.

Vil. Tu parlasti per noi, madonna, come se il tuo primogenito fosse un insensato: Giove voglia empire il suo cranio di polpa, perocchè qui viene uno dei tuoi parenti ch’ha una ben debole pia mater.

Ol. Sull’onor mio, credo che sia mezzo ubbriaco. — (entra ser Tobia Belch) Chi è alla porta, zio?

Tob. Un gentiluomo.