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ATTO PRIMO | 75 |
chi volesse opporsi, che il tuo piede vi prenderà radice, fino a che ottenuta non abbia udienza.
Viol. Mio nobile duca, se ella è così in preda al suo dolore, come si racconta, son sicuro che non vorrà vedermi.
Duc. Mena rumore, abbandona ogni riguardo, piuttostochè ritornare senza aver ottenuto nulla.
Viol. Ma se poi sono ammesso, che cosa le dirò?
Duc. Svelale tutta la violenza del mio affetto: falla meravigliare colla esposizione della mia tenerezza. Tu le porrai dinanzi una pittura energica dei miei patimenti, ed essa la riguarderà con maggior interesse, quando tu sia il messaggere, che non farebbe se fossi un altro di men lieto aspetto.
Viol. Questo è quello che non credo, signore.
Duc. Caro fanciullo (perchè sarebbe un mentire il chiamarti uomo), credilo. Le labbra di Diana non son più fresche, nè più vermiglie delle tue. La tua voce somiglia a quella di una giovine vergine, limpida e sonora; e tutto ti fa atto a compiere le parti di femmina. La tua stella ti destina ad essere il fortunato agente in questo negoziato. — agli (altri) Accompagnatelo in quattro o cinque, e anche tutti se volete, perchè per me non sto mai meglio di quando son solo. — (a Viol.) Cerca di riuscire in questo messaggio, e vivrai indipendente e felice, al pari del tuo signore; la sua fortuna diverrà tua.
Viol. Vagheggierò come meglio posso l’amante vostra (a parte) e nondimeno intraprendo una cosa assai ardua! Quale che siasi la parte a cui la fortuna mi costringe, il mio cuore eleggerebbe soltanto quella di sua sposa. (escono)
SCENA V.
Una stanza nella casa di Olivia.
Entrano Maria e il Villico.
Mar. Su, dimmi dove sei stato, o non aprirò le mie labbra neppure della larghezza di un pelo di cinghiale per iscusarti; la mia signora ti farà appiccare per punirti della tua assenza.
Vil. Faccia ciò che desidera: chiunque è ben appiccato in questo mondo, non deve più temere di mutar colore.
Mar. Contaci sopra.
Vil. Nè di voler persone che l’infastidiscano.
Mar. Ma se anche non sarai appiccato per esser rimasto tanto