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Long. Aspetterò con pazienza, sebbene sia lungo assai tal tempo.

Bir. La mia bella Rosalina medita forse? Signora della mia anima, guardatemi, considerate i pertugi del mio cuore, che sono i miei occhi; mirate l’umile rispetto che sta nei miei sguardi, che aspettano la vostra risposta. Imponetemi qualche cosa, che valga a provarvi l’amor mio.

Ros. Ho spesso inteso parlar di voi, signore, prima che avessi il bene di conoscervi, e tutte le bocche della fama mi vi dipingevano come uomo fecondo in arguzie, in sarcasmi pungenti, che voi lanciavate sopra tutti quelli che vi stavano dinanzi. Per sradicare tal erba dal vostro cervello e meritare la mia grazia, se di essa vi cale, bisognerà che per questi dodici mesi andiate tutti i giorni all’ospizio dei sordi-muti, e che conversiate solo con quegl’infelici, adoperandovi a tutta possa per fargli sorridere in mezzo ai loro mali.

Bir. Far sorridere sciagurati infermi? Ciò è impossibile. La gioia non può entrare in un’anima che prova il dolore.

Ros. Ed è questo il vero mezzo per reprimere uno spirito schernitore che fa pompa di sè per gli applausi indiscreti che uditori imprudenti e amici di ogni beffa danno alle sue follie. Il successo delle arguzie dipende dalle orecchie che le ascoltano, e non dalla lingua che le dice. Perciò se le orecchie dei sordi, gementi sotto gravi mali, vogliono prestarsi a udire le vostre celie, continuate allora su tal tuono, e quale siete vi accetterò: ma se nol vogliono, desistete da sì falso spirito, onde vi trovi corretto dal difetto, e sia lieta della vostra ammenda.

Bir. Dodici interi mesi? Ebbene, segua quel che vorrà: acconsento ad andare a celiare per questi dodici mesi entro un ospitale.

Prin. (al re) Sì, mio buon signore, io mi accommiato da voi.

Re. No, verremo almeno ad accompagnarvi per un po’ di strada.

Bir. I nostri amori non finiscono come le nostre antiche commedie: se queste dame avessero voluto, esse avrebbero potuto dare ai nostri sollazzi uno scioglimento più giocondo.

Re. Venite, signori, dopo dodici mesi, lo scioglimento seguirà da sè.

Bir. È tempo troppo lungo per un dramma. (entra Armado)

Arm. Dolce maestà, vogliate permettere...

Prin. Non è questo il nostro Ettore?

Dum. Sì, il degno cavaliere di Troia.