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ATTO QUINTO 57


Re. Fa che non vengano.

Prin. No, mio buon signore, lasciatevi ora consigliare da me. Spesso una rappresentazione piace tanto più, quanto meno gli attori conoscono i mezzi di piacere. Allorchè lo zelo si sforza per contentare gli spettatori, e il dramma finisce a metà, allora la ridicola confusione che ne nasce ispira allegria, e si prova più duetto che di una produzione ben eseguita.

Bir. Ecco una giusta descrizione della nostra mascherata. (entra Armado)

Arm. Unto del Signore, io imploro dal vostro real alito tanto tempo, quanto ne occorre per proferir un paio di parole. (conversa col re, e gli consegna un foglio)

Prin. Quell’uomo serv’egli Iddio?

Bir. Perchè lo chiedete?

Prin Perchè non parla come gli uomini che Dio ha creati.

Arm. È lo stesso, mio bello, mio dolce e grazioso monarca: perchè io protesto che il maestro di scuola è troppo fantastico, troppo vano: ma noi ci avventureremo, come suol dirsi, alla fortuna della guerra. Vi auguro la pace del cuore, mia real coppia.

Re. Vi è a scommettere che avremo una bella rappresentazione d’eroi. Egli fa da Ettore; il bifolco da Pompeo il Grande: il curato da Alessandro; il paggio da Ercole, e il pedante da Giuda Macabeo: se questi quattro eroi poi riescono in principio nella loro parte, muteranno di abiti, e rappresenteranno i cinque altri.

Bir. Ve ne son cinque nella prima mostra.

Re. No, v’ingannate.

Bir. Il pedante, il millantatore, il curato, il pazzo e il paggio... il mondo intero non potrebbe somministrare altri cinque originali simili a questi.

Re. Il vascello è alla vela, ed esso vuole approdare. (vengono recate sedie pel re, la principessa ecc. Spettacolo dei nove eroi. Entra Costard armato e rappresentante Pompeo)

Cost. «Io sono Pompeo...»

Boy. Mentite, non lo siete.

Cost. «Io sono Pompeo...»

Boy. Con una testa di leopardo sulle ginocchia.

Bir. Ben detto, vecchio buffone: bisogna che mi riconcilii con te.

Cost. «Io sono Pompeo, Pompeo soprannominato il Grosso...»