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ATTO QUINTO 51

vostra compagnia. Se rifiutate di danzare, accordateci almeno la grazia di un più lungo colloquio.

Ros. In segreto, se lo volete.

Re. Non ne sarò che più contento. (conversano in disparte)

Bir. Signora dalle bianche mani, una dolce parola da te.

Prin. Miele, latte, e zucchero; eccone tre: dicendovi addio, direi la quarta.

Bir. Una parola in segreto.

Prin. Purchè non sa dolce.

Bir. Tu accendi la mia bile.

Prin. Bile? È cosa amara.

Bir. Dunque si addice al proposito. (conversano in disparte)

Dum. Volete farmi grazia di cambiar meco un detto?

Mar. Parlate.

Dum. Bella donzella!

Mar. È questo? Bel signore... eccovi per la vostra bella donzella.

Dum. Udite un’altra parola; udite un addio. (convers. in disp.)

Cat. La vostra maschera vi rende dunque senza lingua?

Long. So perchè mi fate tale inchiesta.

Cat. Oh udiamo! Presto, signore: desidero di apprenderlo.

Long. Voi avete una doppia lingua nella vostra maschera, e dovreste cederne una metà a me, che ne son senza.

Cat. Non vuo’ far a metà di nulla con voi: trovatevi chi sia più compiacente.

Long. Perchè sarete così inflessibile, bella e virtuosa signora? Abbiatemi pietà, se non volete ch’io muoia.

Cat. Se vi sentite voglia di morire, vi pregherò di andare un po’ lontano di qui. (favellando in disparte)

Boy. La lingua delle fanciulle maligne è tagliente come i rasoi: essa varrebbe a squarciare un impercettibile capello. L’arguzia dei loro detti è al disopra d’ogni concezione, i dardi loro van più rapidi delle palle, del vento, del pensiero, e di tutto ciò ancora che vi è di più celere nel mondo.

Ros. Non una parola di più, mie care; rompiamo, rompiamo i colloqui.

Bir. Pel Cielo! ci tocca di partire colla gola secca, e con insulti agli orecchi.

Re. Addio, pazze fanciulle: i vostri spiriti sono ben semplici. (esce coi signori, Moth, i musici, e il seguito)

Prin. Venti volte addio, miei gelidi Moscoviti. — Son quelli gli uomini di spirito così decantati?