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44 | PENE D'AMOR PERDUTE |
Moth. Taciamo, che essi cominciano.
Arm. Signore, (a Ol.) non siete voi un letterato?
Moth. Sì, sì; egli insegna ai fanciulli l’Abbicì. Che cosa fa a b preso al rovescio con un corno sulla testa?
Ol. Ba, pueritia coll’addizione di un corno.
Moth. Ba, stolta pecora, con un corno: voi apprendete qual è la sua scienza.
Ol. Quis quis, consonante che sei?
Moth. Son la terza delle vocali, se siete voi che le proferite, la quinta se io.
Ol. Vuo’ proferirle io A, E, I...
Moth. La pecora: le altre due concludono; O, U1.
Arm. Pei flutti salati del Mediterraneo! fu un bel lampo di spirito, esso mi rinfrescò l’intelletto: codesto è spirito vero.
Moth. Mostrato da un fanciullo ad un vecchio spiritato.
Cost. Se non avessi che un soldo, te lo darei perchè ti comprassi un po’ di pan pepato: tieni, ecco la rimunerazione stessa che ricevei dal tuo padrone, piccione di sagacità. Oh se il Cielo volesse che tu fossi soltanto un mio bastardo, faresti di me un padre glorioso! Va; tu avrai buono spirito fino nell’agonia.
Arm. Uomo di lettere, parliamo fra di noi. Non educate voi i giovani nella scuola privilegiata, che è sulla cima della montagna?
Ol. O mons!
Arm. Come vi piace, intorno alla denominazione.
Ol. Ebbene; che volevate dire?
Arm. Signore, è graziosissimo piacere del re di festeggiare la principessa nella sua tenda nella parte posteriore del dì, che il grossolano vulgo chiama dopo mezzogiorno.
Ol. La parte posteriore del dì, nobilissimo signore, è epiteto molto conveniente al dopo mezzogiorno. Tal parola è bene scelta, ve ne assicuro.
Arm. Signore, il re è un nobile gentiluomo, mio amico, posso dirvelo, mio buonissimo amico. Quanto a ciò, che vi è fra di noi, passiamovi sopra... ma vi prego di richiamare tutta la vostra scienza di uomo di Corte, e di pensare a quello che dovrete dire. Perocchè avete a sapere che piacerà a Sua Altezza di appoggiarsi qualche volta sulla mia umile spalla, e di accarezzare col suo dito reale la mia barba e i miei mostacchi: e il risultato è
- ↑ Inglese pecora fa ewe e si pronunzia iu cioè u inglese, o ii secondo il vario accento della città e della campagna; di qui lo scherzo fra il Paggio ed il Maestro.