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Ros. (al Duc.) Non avrò più padre, se voi non siete il mio; non avrò più sposo, (a Orl.) se voi il mio non siete, e se mai mi ammoglio, voi (a Feb.) sarete la mia sposa.

Im. Silenzio; vieto a tutti le parole, tocca a me solo lo svolgere il tessuto meraviglioso di questi avvemmenti, onde la verità splenda a tutti gli occhi, e si avveri il sogno della vostra felicità. Se la mia arte divina non è una menzogna, quattro coppie qui allaccieranno le loro mani, per unire sotto le mie leggi i loro cuori e il loro destino. Voi sarete inseparabili, (a Orl. e Ros.) Voi due non formerete più che uno, (a Ol. e Cel.) tu volgerai in miglior parte (a Feb.) i tuoi affetti, o quella felicità avrai solo che può darti una donna. Per quella legge che marita l’inverno alla tempesta, voi dovete essere uniti insieme, (a Piet. e And.) per un gran numero d’anni.

Intanto che noi cantiamo l’inno del matrimonio, alimentate con parole i vostri desiderii curiosi: così la verità svolgerà ai vostri occhi la tela che fu ordita nell’Empireo, dimora celeste.

Canzone.

Il matrimonio è la corona che l’augusta Giuno concede agli amanti virtuosi. Dolci accordi i vincoli fortunati da cui giorno e notte sono strette due anime amanti. Il Dio d’Imene? il Dio delle città; egli empie anche i deserti e li popola; sparge a larga mano le più belle e le più caste gioie.

Duc. Oh! mia cara nipote, con qual piacere io ti riveggo. No, tu non mi sei meno cara della mia figlia stessa.

Feb. (a Sil.) Non verrò meno alla mia parola; fin da ora tu sei mio; eccoti la mia mano, e con essa la mia fedeltà. (entra James de Bois)

Jam. Vogliate concedermi udienza un istante. Io sono il secondo figlio del vecchio cavalier Rowland, ed ecco le notizie che reco a quest’illustre brigata. Il duca Federico stanco di intendere dir tutti i giorni quante persone cospicue venivano a questa foresta, levò un grande esercito, e marciò alla testa delle sue schiere, risoluto d’impadronirsi di suo fratello e di farlo morire. Già già egli toccava alla cinta di questo bosco selvaggio, ma là gli fu incontro un vecchio e santo eremita, che dopo alcune conferenze lo fe’ rinunziare alla sua opera ed anche al mondo. Il duca abdicò immantinente, lasciando la sua corona al fratello che aveva bandito, e restituendo a quelli che l’avevan seguitato nel suo esilio tutti i loro possedimenti. Sto garante colla mia vita della verità di questo racconto.