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392 COME VI PIACE

derivan sempre da suo marito, non allevi i suoi figli perchè gli educherebbe da sciocchi.

Orl. Debbo lasciarvi per due ore, Rosalinda.

Ros. Oimè! caro amante, come farò a restar due ore senza di te?

Orl. Bisogna che io vada al pranzo del duca, vi raggiungerò fra due ore.

Ros. Sì, andate, sapevo bene come sarebbero finite tante belle proteste: i miei amici me ne avevano prevenuta, e parlavano il vero. Voi mi avete vinta colla vostra lingua adulatrice, e poi mi abbandonate. Vieni morta! Ritornerete fra due ore, mi dite?

Orl. Sì, vezzosa Rosalinda.

Ros. Sull’onor mio e sopra quant’altri giuramenti possono farsi, se mancate alla promessa, o se venite un minuto più tardi, vi avrò in conto dello spergiuro più empio, dell’amante più indegno che si possa trovare in tutta la schiera degl’infedeli: pensate dunque a bene evitare i miei rimproveri, e a mantener la vostra promessa.

Orl. Lo farò così scrupolosamente, come se voi foste veramente la mia Rosalinda: addio.

Ros. Il tempo che pone in luce i delitti dell’amore, vi giudicherà. Addio. (Orl. esce)

Cel. Voi siete stata così folle, da squarciare il velo che cuopre il nostro sesso, mostrando le vostre nudità.

Ros. Oh cugina, cugina! se tu sapessi quanto io sono addentro nell’abisso dell’amore, così non diresti.

Cel. Di’ piuttosto che la tua loquela non ha ritegni.

Ros. No, ne sia giudice quel furfantello nato di Venere e composto di fiele e di pazzia. Quel piccolo cieco che inganna tutti gli occhi, perchè ha perduto i suoi, sentenzi. Io ti dirò, cara Aliena, che non posso più vivere senza Orlando: vado a cercare un’ombra e a sospirare sino al suo ritorno.

Cel. Ed io vado a dormire. (escono)

SCENA II.

Un’altra parte della Foresta.

Entrano Giacomo e Signori in abito da boscaiuoli.

Giac. Chi fu che uccise il cervo?

Sign. Fui io, signore.

Giac. Presentiamolo al duca, come ad un conquistatore Romano, e sarebbe bene di porgli sulla testa le corna dell’animale