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380 | COME VI PIACE |
dov’è andato? che venne a far qui? mi ha chiesta? come t’ha lasciata? dorè dimora? quando lo rivedrai? Rispondimi in una sola parola.
Cel. Bisogna che cominciate dal prestarmi la bocca di Gargantua; la parola che mi chiedete è di troppo volume per una bocca di donna; rispondere sì o no a tante dimande è cosa più difficile che il rispondere a un catechismo.
Ros. Ma sa egli che sono in questa foresta, e che vi sono cogli abiti d’uomo? Quale lo trovasti? favella.
Cel. Lo trovai sotto una quercia, come una ghianda caduta.
Ros. Quella quercia potrebbe ben dirsi l’albero di Giove, se lascia cadere simili frutti.
Cel. Datemi udienza, mia buona signora.
Ros. Continua.
Cel. Ei stava là steso come un cavalier trafitto.
Ros. Quantunque dovesse destare pietà, doveva pur essere vezzoso in tal atto.
Cel. Taci, te ne prego. Era armato da cacciatore.
Ros. Oh, cattivo presagio! Ei verrà per ferirmi.
Cel. Tu mi fai perdere il filo, interrompendomi così spesso. Zitto; non lo vedi che viene alla nostra volta?
Ros. Sì, è desso; fuggiamo. (Cel. e Ros. si ritirano; entrano Orlando e Giacomo)
Giac. Vi ringrazio della vostra compagnia: ma davvero sarei stato bene anche solo.
Orl. Ed io pure; ed è unicamente per cerimonia che vi ringrazio della compagnia vostra.
Giac. Dio sia con voi! Cerchiam di vederci il meno possibile.
Orl. Desidero che diveniamo l’uno dall’altro interamente stranieri.
Giac. Non rovinate più gli alberi, ve ne prego, scrivendovi sopra canzoni.
Orl. Nè voi i miei versi, leggendoli con così cattivo garbo.
Giac. Rosalinda è il nome della vostra amante?
Orl. Appunto.
Giac. È un nome che non mi piace.
Orl. Nessuno pensava a piacervi allorchè ella venne battezzata.
Giac. Di quale statura è essa?
Orl. D’altezza bastante per giungere al mio cuore.
Giac. Siete pieno di argute risposte. Avreste per avventura conosciuto la moglie di qualche orefice, e rubatole quelle anella che vi veggo in dito?