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373 ATTO SECONDO


Giac. Bisogna però prima ch’io li rivegga. Non so se si conformino più allo stato della mia anima. Dove mai li lasciai? (esce)

Am. Così parte: si vada in traccia del duca: il banchetto è pronto. (esce)

SCENA VI.

La stessa.

Entrano Orlando e Adamo.

Ad. Caro signore, non ho più forze. Mi adagierò qui, e vi segnerò la misura della mia fossa. Addio, mio buon signore!

Orl. Come, Adamo! cosi ti scoraggisci? Vivi ancora un poco; racconsolati. Se qualche bestia esiste in questa foresta, o ne sarò divorato, o ti porterò da mangiare; la tua imaginazione atterrita, ti fa veder la morte più vicina a te, che essa diffatti non sia. Per amor mio, rinfrancati, allontana da te la morte un momento finch’io ritorni, e se non ti reco qualche alimento, allora ti permetterò di morire. Ma quest’aria agghiacciata potrebb’esserti fatale. Vieni, ti troverò qualche asilo, ti porterò in qualche grotta che ti ripari. Coraggio, caro Adamo, coraggio, tu non morrai! (escono)

SCENA VII.

La stessa.

Enrano il Duca esiliato, Amiens, Signori ed altri.

Duc. Credo ch’ei si sia mutato in belva, perchè non si può trovarlo in nessun luogo sotto figura umana.

Sign. Signore, non è che un istante che è partito di qui, dov’era molto lieto e provava gran piacere cantando.

Duc. Andate a cercarlo, e ditegli che vorrei parlargli.

Sign. Non avrò tal briga, perchè ecco che appunto viene. (entra Giacomo)

Duc. Qual vita è la vostra, signore, che bisogna che i vostri poveri amici vi facciano la corte? Perchè siete sì ilare?

Giac Un pazzo, un pazzo! Ho incontrato un pazzo per la foresta in abito screziato. Oh miserabile mondo! Quant’è vero che vivo di alimenti, scontrai un pazzo che giaceva per terra, imprecando alla fortuna con parole acri, e piene di veleno. Buon