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ATTO QUARTO | 29 |
mendica, quale il tuo umile stato ti attesta. Ti comanderò io d’amarmi? Lo potrei. Ti sforzerò ad amarmi? Lo dovrei. Ti supplicherò di amarmi? Lo vorrei. Che cosa cambierai tu coi tuoi cenci? Altere vesti. Colle tue miserie? I titoli miei. Con te? Me. Così aspettando la tua risposta, io profano le mie labbra sopra i tuoi piedi, i miei occhi sul tuo ritratto, e il mio cuore sopra ogni tua parte.
«Il tuo desideroso ognora di serviti |
È così che tu odi il leone Neméo ruggire contro di te, povero agnello, destinato a divenire sua preda. Cadi con rassegnazione a’ piedi del monarca, che tornando dalle stragi, ei potrà intrattenersi piacevolmente con te: ma se tu gli resisti, misera sfortunata, che mai divieni? il pascolo della sua rabbia, e la vettovaglia della sua caverna.
Prin. Qual penna veste chi dettò questa lettera? Qual banderuola! Qual gallo da campanile! Udiste mai nulla di meglio?
Boy. O molto io m’inganno, o rammento l’autore di questa lettera.
Prin. Lo credo, altrimenti avreste una memoria ben trista.
Boy. Quell’Armado è uno Spagnuolo che frequenta la Corte, un carattere bizzarro e fantastico, che serve di sollazzo al principe, e a’ suoi compagni di studio.
Prin. Dimmi tu, amico: chi ti diede questa lettera?
Cost. Già ve lo dissi: il mio signore.
Prin. A chi dovevi recarla?
Cast. Dal mio signore alla mia signora.
Prin. Da qual signore a qual signora?
Cost. Dal mio signor Biron, mio buon padrone, a una signora di Francia, che chiamasi Rosalina.
Prin. Sbagliasti il tuo messaggio. — Venite, amici miei. — Tu (a Cast.) lasciaci questa lettera, che ti sarà restituita un’altra volta. (esce col suo seguito)
Boy. Chi è l’amante? Chi è l’amante?
Ros. Debbo io insegnarvelo?
Boy. Sì, mio continente di bellezza.
Ros. Ebbene, è quello che tien l’arco. — Ho ben risposto?
Boy. Egli ucciderà le corna, e se voi vi maritate, appendetemi pel collo se le corna quest’anno mancano. — Come vi sembra l’espressione!
Ros. Io dunque sarò il cacciatore.
Boy. E quale sarà la vostra damma?