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ATTO PRIMO 365


Duc. Voi; e se fra dieci giorni siete trovata entro al raggio di venti miglia da qui, morrete.

Ros. Supplico Vostra Altezza, perch’io sia posta a parte del mio fallo. Se bene sono in senno, se i miei desiderii conosco, se non mi aggiro nell’errore dei sogni o del delirio, come non credo; allora, caro zio, vi dichiaro, che non mai offesi Vostra Altezza, neppur col pensiero.

Duc. Quest’è il linguaggio di tutti i traditori; se la loro giustificazione dipendesse dalle loro parole, essi sarebbero tutti innocenti, come l’innocenza: vi basti che io diffido di voi.

Res. Tal diffidenza non riesce a farmi rea. Ditemi qual fallo ho commesso.

Duc. Tu sei figlia di tuo padre, e ciò basta.

Ros. Lo era ancora, quando Vostra Altezza s’impossessò del suo ducato; lo era ancora, allorchè Vostra Altezza l’esiliò. Il tradimento non si trasmette per eredità, signore, o se scendesse di padre in figlio, che ne risulterebbe per me? Mio padre, non fu mai un traditore, onde non mi fate l’ingiustizia di credere, che io sia una perfida.

Cel. Caro principe, degnatevi intendermi.

Duc. Sì. Celia, non è che per amore di voi che l’abbiam qui ritenuta, altrimenti ella avrebbe seguita la sorte di suo padre.

Cel. Io non vi pregai allora di ritenerla; voi aderiste alla vostra libera volontà e alla pietà vostra; io era troppo giovane in quel tempo per comprendere tutto quello che essa valeva; ma ora la conosco; se ella è una traditrice, io pure lo sono: dividemmo sempre il medesimo latte, studiammo, passeggiammo, tutto facemmo insieme, e dovunque siamo andate, ci mostrammo sempre come i cigni di Giunone, formanti una coppia inseparabile.

Duc. Ella è troppo astuta per te; la sua dolcezza, la sua pazienza, il suo silenzio dispongono il popolo in suo favore e viene compianta. Tu sei un’insensata, ella ti ruba la tua fama: tu acquisterai più splendore, e le tue virtù saran meglio conosciute dopo ch’ella sarà partita; non dirne altro: nulla potrebbe far mutar questa sentenza che ho proferita contro di lei: è bandita.

Cel. Proferite dunque anche la medesima sentenza contro di me, perchè, separata da lei, io non potrei vivere.

Duc. Siete una folle. — Voi, nipote, pensate a fare i vostri apparecchi, e se varcate il termine che ho fermato, vi giuro sull’onor mio e sulla mia parola solenne, che morirete. (esce col suo seg.)