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ATTO QUARTO


SCENA I.

Un’altra parte della stessa.

Entrano la Principessa, Rosalina, Maria, Caterina, Boyet, signori, seguito e un boscaiuolo.

Prin. Era il re che spronava così vivamente il suo cavallo, e lo faceva salire su quella dirupata collina?

Boy. Non so, ma credo di sì.

Prin. Chiunque ei fosse, era un nobile cavaliere; signori, noi otterremo oggi il nostro congedo, e sabato ripartiremo per la Francia. Guarda, mio amico, dov’è il bosco, perchè possiamo appostarci in esso, e compiervi le parti di cacciatori.

Boy. È qui vicino, e potrete fare la più bella caccia.

Prin. Ringrazio la mia bellezza; perchè son io che debbo cacciare, tu dici che faremo una bella caccia?

Bos. Perdonatemi, signora, ma non è ciò che volli dire.

Prin. Come! Mi lodi, e poi ti disdisci? Oh brevi gioie del mio orgoglio! Io non son dunque bella? oimè! sono assai da compiangere.

Bos. Sì, signora, voi siete bella.

Prin. No, non adoprarti più a fare il mio ritratto. Un volto senza bellezza non può mai esser reso piacevole dal pennello deila lode. Prendi, (dandogli danaro) mio fedele amico, per avermi detto la verità. Belle monete per brutte parole ricompensano generosamente.

Bos. Tutto quello che voi possedete è bello.

Prin. La mia bellezza si salverà in tal guisa coi miei doni. Oh eresia nel giudizio del bello, ben degna di questi tempi! Una mano che dà, foss’ella deforme, è sicura d’essere laudata. Ma via, porgimi l’arco. Ora la bontà ucciderà, e con un malefizio resterà indenne la mia gloria. Così, s’io non colpisco, sarà la pietà che m’avrà impedito di commettere un’uccisione; se colpisco, avrò voluto addimostrare la mia abilità, ch’avrà acconsentito ad uccidere piuttosto per attirarsi elogi, che pel desiderio di spegnere una vita; e in realtà ciò accade qualche volta. La