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ATTO TERZO 25


Arm. Il cammino è brevissimo; va.

Moth. Colla celerità del piombo, signore.

Arm. Qual è la tua idea, mio vago? Il piombo non è forse un metallo lento e pesante?

Moth. Minime, onesto signore; o piuttosto no.

Arm. Io dico che il piombo è lento.

Moth. Troppo presto lo dite, signore: è egli lento quand’è lanciato dal cannone.

Arm. Bel fumo di rettorica! Ei mi reputa un cannone, e se stesso la palla. — Via, io t’ho avventato sopra quel pastore.

Moth. E seguo la pinta. (esce)

Arm. Un arguto garzone, pieno di volubilità e di grazia! Sia col tuo favore, bel Cielo, ma convien ch’io sospiri dinanzi alla tua faccia. Dura e feroce malinconia, il valore ti cede il campo. — Ecco il mio valletto che ritorna. (rientrano Moth e Costard)

Cost. Che vuole da me il mio ignobile carceriere?

Arm. Odimi, Costard, per la mia dolce anima! Io intendo di riporti in libertà, sciogliendo la tua persona. Tu sai in quali miseri panni ti trovavi anche testè!

Cost. Lo so, ed ora voi vorreste servirmi di purgazione, e rilasciarmi.

Arm. Ti ripongo in libertà, dischiudo le porte della tua prigione, e per tal benefizio t’impongo soltanto una condizione: porta questa mia lettera alla giovine Giacometta. — Eccoti in compenso danaro: perocchè la più bella qualità del mio grado è di ricompensare coloro che mi servono. Tu, Moth, vien meco. (esce)

Moth. Come una seguenza. — Messer Costard, addio.

Cast. Una dolce libbra di carne umana! Cuor mio. — (Moth esce) Ora vuo’ guardare alla sua ricompensa. Tre monete di rame! Oh splendidissimo signore, onore della tua gloriosa Spagna! (entra Biron)

Bir. Mio buon Costard, godo di trovarti: ho bisogno di te. Se vuoi ottenere le mie buone grazie, compi la cosa ch’io ti dirò.

Cost. Quando dev’esser fatta?

Bir. A mezzogiorno.

Cost. La farò: addio.

Bir. Ma tu non sai ancora qual è?

Cost. Lo saprò quando mi sarò adoprato per voi.

Bir. È necessario che tu lo sappia prima.

Cost. Verrò a trovare Vossignoria domani mattina.

Bir. Ma è d’oggi ch’io ti parlo; ascoltami, furfante. La prin-