Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, VII.djvu/331

322 LA NOVELLA D'INVERNO

mi empie di terrore. Tremo in questo momento medesimo al solo pensiero, che vostro padre, condottovi dal caso, non passi di qui come voi faceste. Oh fatalità! Con qual occhio potrebbe egli vedere la sua nobile prole, così miseramente addobbata? Che direbbe? o come sosterrei io sotto questo splendore preso in prestito lo sguardo severo della sua augusta presenza?

Flor. Non pensate che alla festa e al piacere. Gli Dei assoggettando le loro divinità all’amore, hanno sovente vestite forme d’animali: Giove s’è mutato in toro e ha mandato muggiti; il ceruleo Nettuno in capro, e ha fatto adire i suoi belati; e il Dio vestito di fuoco, Apollo, di raggi d’oro coronato, si è fatto umile pastore quale io ora sembro, nè mai le loro metamorfosi ebbero per oggetto una bellezza sì rara, nè mai essi furono da intenzioni così pure animati. I miei desiderii non vanno oltre ai limiti dell’onore e i miei sensi non sono più ardenti che nol sia il mio cuore e la mia fede.

Per. Sì, ma oimè, caro principe, la vostra risoluzione non potrà esser salda, allorchè dovrà subire, come è inevitabile, tutta la opposizione della potenza del re: allora diverrà un’alternativa necessaria, o che cessiate di amarmi, o che cessi di vivere.

Flor. Cara Perdita, te ne scongiuro; non disperdere con questi chimerici pensieri la gioia della festa; o tuo sarò, o non sarò più di mio padre, perchè nè mio, nè di alcuno posso essere, se tuo non sono. Quest’è la mia risoluzione immutabile, quand’anche i destini l’avversassero. Sii lieta e dissipa quei pensieri importuni dinanzi allo spettacolo che avrai. Ecco nuovi ospiti che sopragiungono: assumi un’aria contenta come se oggi fosse il giorno della celebrazione delle nostre nozze, che presto o tardi abbiam giurato di compiere.

Per. Oh fortuna, siine propizia! (entra il Pastore con Polissene e Camillo travestiti, il Clown, Mopsa, Dorgas e altri)

Flor. Mirate gli ospiti che si avanzano, preparatevi a ben riceverli, e i nostri volti siano animati dalla gioia.

Past. Su dunque, mia figlia! Allorchè la mia buona moglie viveva, ella era, in un giorno come questo, il coppiere, il cuoco, la dama e la fante insieme; andava incontro a tutti, serviva tutti, cantava e danzava, ora da una parte, ora dall’altra, sulla spalla di questi, sulla spalla di quegli, col volto infiammato dalle fatiche e dal liquore che beveva alla salute di ogni convitato. E voi ve ne rimanete lì in disparte, come se foste la festeggiata e non l’ospite dell’assemblea; io ve ne prego, andate incontro a quegli amici che ne sono sconosciuti e accoglieteli come meritano. Sbandite