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ATTO QUARTO 231


Aut. È quello, è quello; e vedete come mi ha conciato.

Cl. Non v’è maggior codardo in tutta la Boemia. Se gli aveste solo guardato di traverso, se la sarebbe data a gambe.

Aut. Bisogna che vi confessi ch’io ho poco coraggio, ed egli sicuramente doveva saperlo.

Cl. Come state ora?

Aut. Molto meglio; posso camminare, e mi accommiato da voi per andarmene a casa del mio parente.

Cl. Debbo riporvi sulla via?

Aut. No, mio buono ed obbligante amico.

Cl. Addio dunque, state bene; convien ch’io vada a comprar droghe per la nostra festa dei velli.

Aut. Prosperate, prosperate. — (il Cl. esce) La vostra borsa non è ora abbastanza calda per comprar droghe. Verrò io pure alla festa; ve lo prometto. Se non fo succedere a questa prima astuzia un’altra ruberia, e se non cambio i tosatori in montoni, acconsento di essere cancellato dal libro dei malandrini e ad esser posto in quello dei probi, (cantando) Segui il sentiero, segui il sentiero, e corriamo oltre senza più fermarci. Un cuore allegro cammina tutto il dì, ma un cuor tristo si stanca dopo un breve andare. (esce)

SCENA III.

La stessa. — La capanna del Pastore.

Entrano Florizel e Perdita.

Flor. Quegli abiti, quella acconciatura insolita ravvivano tutti i vostri vezzi. Voi non siete una pastorella; siete Flora, seguace della primavera: questa festa dei velli pare un’assemblea di Semidei e si direbbe che voi ne foste la regina.

Per. Mio amabile prìncipe, non mi si addice il biasimare i vostri elogii soverchii: perdonatemi se così li chiamo; voi, oggetto illustre degli sguardi di tutto il paese, voi avete eclissato tutto lo splendore della vostra grandezza, vestendovi da pastore; ed io povera e semplice figlia dei boschi, adorna sono come una Dea. Se non fosse che nelle nostre feste non regna che follia, e che i convitati si abbandonano a tutti i loro talenti, io arrossirei di vedervi così vestito, riguardando me nello specchio.

Flor. Benedico il giorno in cui l’ingegnoso mio falco prese il suo volo traverso ai poderi di vostro padre.

Per. Voglia Giove darvi motivo di benedirlo: l’idea opposta