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ATTO SECONDO


SCENA I.

La stessa.

Entrano Ermione, Mamilio, e alcune Dame.

Erm. Prendete cura di questo fanciullo; egli mi è grave più ch’io non possa sopportarlo.

Dama. Venite, leggiadro principe: giuocherò con voi, se volete.

Mam. No, non vi voglio.

Dama. Perchè, caro fanciullo?

Mam. Voi mi baciate troppo, e mi parlate sempre come se fossi un infante. Verrò piuttosto con voi. (a un’altra dama)

Dama. Per qual ragione?

Mam. Non è già perchè i vostri sopraccigli siano più neri, quantunque i sopraccigli neri, da quello che si dice, stian bene ad alcune donne, purchè non riescano troppo folti, e segnino un mezzo cìrcolo come la luna.

Dama. Chi vi ha insegnato queste cose?

Mam. Le ho imparate dal volto delle donne. — Ditemi di grazia, di qual colore sono i vostri sopraccigli?

Dama. Turchini, signore.

Mam. Celiate: ho ben veduto una donna che aveva il naso turchino, ma non le ciglia.

Dama. Ascoltatemi. La regina vostra madre è incinta, e noi offriremo uno di questi giorni i nostri servigi a un altro principe: allora ci accarezzerete, perchè abbiamo cura anche di voi.

Dama. Possa ella aver un parto felice.

Erm. E di che favellate? Torna da me, fanciullo, e raccontami una novella.

Mam. Gaia, o mesta?

Erm. Gaia, finchè puoi.

Mam. Un racconto tristo è più adatto in inverno: ne so uno di spiriti e folletti.

Erm. Narralo, figliuol mio: assiditi, poni tutta la tua arte nell’atterrirmi con codesti spiriti; saprai farlo a meraviglia.

Mam. Vi era una volta un uomo...