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272 | LA COMMEDIA DEGLI EQUIVOCHI |
casa, e mi ha rapito l’anello che testè gli ho visto in dito, un momento dopo l’ho trovato colla catena.
Adr. Sarà, ma io non l’ho mai veduta. — Venite, ufficiale: conducetemi da quest’orefice, ardo dal desiderio di conoscer bene questa faccenda. (entra Antifolo di Siracusa colla spada sguainata, e Dromio di Siracusa).
Luc. Misericordia! Guardate chi viene.
Adr. Chiamate soccorso per farli legar di nuovo.
Uff. Fuggiamo, perchè ne ucciderebbero. (esce con Adr. e Luc.)
Ant. Veggo che queste streghe han paura della spada.
Drom. Quella che voleva essere vostra moglie, fugge ora da voi.
Ant. Andiamo al Centauro, prendiamo la cose nostre: non veggo il momento di esser partito di qui.
Drom. Restiamo anche questa notte, nulla di sinistro ne potrà accadere. Vedeste che ne parlarono amichevolmente, che ne diedero ore: io credo che siamo in mezzo ad un buon popolo, e senza quella pazza femmina che mi vorrebbe per marito, acconsentirei a restar qui sempre, e a divenire stregone come tutti gli altri.
Ant. Non mi fermerei un’ora di più in questa città per tutto l’oro del mondo andiamo all’albergo, e facciamo portar in barca tutti i nostri bagagli. (escono)