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268 | LA COMMEDIA DEGLI EQUIVOCHI |
Cor. Siete ammirabili entrambi, signori. Volete venir con me? Faremo un po’ di gozzoviglia.
Drom. Padrone, sa dovete assaporare di una vivanda che si mangia col cucchiaio, chiedete un cncchiaio dal manico lungo.
Ant. Perchè, Dromio?
Drom. Perchè occorre un cucchiaio lungo a chi deve mangiare in compagnia del diavolo.
Ant. Via da me, furia! Che mi vieni tu a parlar di mangiare? Tu sei, come tutte le pari tue, una strega: io ti esorcizo, e ti comando di lasciarmi.
Cor. Rendetemi dunque l’anello che m’avete preso a pranzo, o per il mio diamante datemi la catena che mi avete promessa, e allora vi lascierò, signore, e più non v’infesterò.
Drom. Vi sono certi diavoli che non chieggono che un’unghia, una spilla, un capello, una goccia di sangue; ma costei più arida vorrebbe una catena. Padrone, siate cauto, se le date una catena, essa la scuoterà, e vi farà spavento.
Cor. Ve ne prego, signore, il mio anello o la mia catena. Spero che non avrete voluto ingannarmi.
Ant. Vuoi tu lasciarmi, strega? Su, Dromio, partiamo.
Drom. Fuggi l’orgoglio, dice il pavone: è bene che lo sappiate, madonna. (esce con Ant.)
Cor. Non v’è più da dubitarne, Antifolo è impazzito, altrimenti non si sarebbe comportato in tal guisa: egli ha un mio anello del valore di quaranta ducati, e mi aveva promesso una catena d’oro: ora mi niega l’uno e l’altra, ciò che m’induce a credere ch’è affatto demente. Quello che mi afforza sempre più in tal concetto è il discorso che oggi mi tenne, che non era potuto rientrare in casa, che gli era stata chiusa la porta, ed è probabile che sua moglie, conoscendo i suoi impeti di follìa, non l’abbia voluto ricevere. Ciò che debbo fare dunque ora è di correr da sua moglie per dirle ch’ei mi ha rapito un anello, e farmene restituire: troppo mi dorrebbe ch’io avessi da perder così quaranta ducati. (esce)
SCENA IV.
La stessa.
Entra Antifolo di Efeso e un Uffiziale.
Ant. Non temete, non fuggirò: vi darò prima di lasciarvi il danaro che chiedete. Mia moglie sarà di pessimo umore, e non