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266 LA COMMEDIA DEGLI EQUIVOCHI


Adr. E gli hai tu risposto con amore?

Luc. Abbiate pazienza, ve ne supplico.

Ar. Nol posso, e nol voglio. Bisogna che la mia lingua si sfoghi, se il mio cuore nol può. Egli è contraffatto e deforme, vecchio e aggrinzito, vizioso, ingrato, stravagante e brutale, lurido di corpo, e più lurido di anima.

Luc. E perchè esser gelosa di tal mostro! Un mal perduto non si compiange.

Adr. Ah sì! ma io penso ben meglio di lui che non ne parlo: e nondimeno vorrei che fosse deforme a tutti gli occhi. L’augello si stordisce colle proprie strida allontanandosi dal suo nido. Intantochè la mia lingua lo maledice, il mio cuore innalza voti per esso. (entra Dromio di Siracusa)

Drom. (chiamando) Venite qui. Lo scrigno, la borsa, mie care signore, presto, presto.

Luc. Perchè sei così trafelato?

Drom. Dal gran correre.

Adr. Dov’è il tuo padrone, Dromio? Sta egli bene?

Drom. È disceso nei limbi del Tartaro, peggio che in inferno. Un diavolo lo ha afferrato: un diavolo il di cui cuore è rivestito d’acciaio, un genio maligno, feroce, spietato: peggio ancora, un bufalo. Un amico falso e traditore che vi sorprende alle spalle, un fantasima che sta nell’imboccatura delle strade; un mastino che fiuta le vostre orme: un serpe che vi avviluppa colla sua coda, senza che possiate più liberarvene.

Adr. Ma che fu?

Drom. Non lo so, ma so che fu arrestato.

Adr. Arrestato? a istanza di chi?

Drom. Non saprei dirvelo. Volete per riscattarlo mandare a prendere quei ducati che stan nello scrigno?

Adr. Corri a cercarli, sorella. (Luc. esce) Stupisco che egli abbia debiti a me sconosciuti. Dimmi fu arrestato per un’obbligazione...

Drom. No, per una catena.

Adr. Per una catena...

Drom. Sì, sì, avrete poi più ampii schiarimenti. Il tempo stringe, e non posso ora fermarmi.

Adr. Corri dunque, eccoti il danaro. (accennandogli Luciana che entra) Portargliene subito, e riconducilo subito a casa. — Vieni, sorella, la mia anima ha bisogno dei tuoi conforti. (escono)