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248 LA COMMEDIA DEGLI EQUIVOCHI

SCENA II.

Una piazza pubblica.

Entrano Antifolo, Dromio ed un Mercante.

Mer. Abbiate cura di dire che siete di Epidauro se non volete che tutti i beni vi siano confiscati. Oggi appunto un altro mercante di Siracusa è stato arrestato, per aver preso terra su queste spiagge, e non potendo riscattare la sua vita coll’ammenda stabilita dalla legge, perirà prima che il sole, stanco del suo corso, tramonti in occidente. — Ecco il vostro danaro che avevo in deposito.

Ant. (a Drom.) Va a portarlo al Centauro dove alberghiamo, e aspettami là. Fra un’ora pranzeremo: intanto andrò a fare una corsa per la città, sebbene sia stanco di questo lungo viaggio. Su via, parti.

Drom. Più di un uomo vi prenderebbe volentieri in parola, e partirebbe realmente, vedendosi fornito di così ricco tesoro. (esce)

Ant. È un servo arguto colui, che spesso, quando sono malinconico, rianima i miei spiriti coi suoi gioviali discorsi. Su via, volete che passeggiamo insieme per la città, e che pranziamo poscia insieme?

Mer. Ho un altro invito, signore, e vi prego di scusarmi. Fra breve però, se volete, vi raggiungerò nella piazza del mercato, e starò con voi finchè si corichi il sole: ora debbo allontanarmi.

Ant. Addio dunque, io percorrerò la città.

Mer. Addio, signore; vi auguro ogni bene. (esce)

Ant. Augurandomi il bene, mi augura quello che non posso ottenere. Io sono nel mondo come una goccia d’acqua che cerca nell’Oceano un’altra goccia, e che cadendo nel vasto abisso per raggiungervi la sua invisibile compagna, vi si perde ella stessa. Così è di me sfortunato, che per trovare una madre e un fratello non so più dove mi sia. (entra Dromio di Efeso) Ecco l’almanacco delle mie date. Come è? Perchè sei ritornato così subito?

Drom. Ritornato così subito? Al contrario, non vengo che troppo tardi. Il cappone si abbrucia, il maialetto di latte cade dallo spiedo: l’orologio ha già suonato il mezzodì, e la mia padrona me ne ha fatto avvertito con una ceffata, tanto è impaziente, perchè il desinare si raffredda. Perchè non correte dunque? Forse non avete appetito? Mangiaste troppo a colazione? Noi che sappiamo digiunare e pregare, noi facciamo oggi penitenza del fallo vostro.