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16 PENE D'AMOR PERDUTE


Arm. Sarà gravemente punito.

Cost. Vi avrò maggiori obbligazioni che non ve n’abbiano i vostri domestici, perocchè essi sono ricompensati assai lievemente.

Arm. Guidate via questo scaltrito, e imprigionatelo.

Moth. Venite, trasgressor malvagio; andiamo.

Cost. Non mi fate chiudere, signore; digiunerò all’aria aperta.

Moth. No, amico, devi digiunar chiuso.

Cost. Bene; se mai io veggo i lieti giorni della desolazione che ho già veduti, qualcuno vedrà...

Moth. Cosa vedrà?

Cost. Nulla, fuorchè quel che guarda. Non si addice ai prigionieri l’esser troppo silenziosi nelle loro parole: quindi non dirò nulla. Ringrazio solo Dio d’aver tanta poca pazienza, quanto ogni altro; e così mi taccio. (esce condotto da Moth.)

Arm. Amo fin l’umile terra ove ha stampato orme la sua calzatura avviluppatrice di quel piede celeste. Ma se amo, sarò spergiuro, ciò che implicherà una falsità; e come può esser sincero l’amore che sopra una falsità è fondato? L’amore è un genio familiare o un demonio; se v’è un angelo cattivo, esso è l’amore. E nondimeno Sansone ne fu del pari soggiogato, sebbene possedesse una forza straordinaria: Salomone rimase di lui sedotto, quantunque avesse una gran dose di saviezza. Il dardo di Cupido vince la clava di Ercole, e per conseguenza vincerà anche la spada di uno spagnuolo. A nulla mi gioverebbe la mia perizia: egli non vuole schermire; non vuol duellare: l’onta sua sta nell’esser chiamato fanciullo, ma la sua gloria nel vincere i giganti. Addio, valore! Arrugginisci, mia spada! tacete, tamburi! il signor vostro è innamorato. Sì, egli ama. Un qualche Dio mi ispiri nobili versi, perchè debbo divenir poeta. Ingegno imagina, penna scrivi nè staccarti, finchè composti non abbi volumi in folio. (esce)