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ATTO QUINTO


Entra Gower.

Gow. Marina sfugge così dal lupanare, e viene posta in una casa onesta; quivi ella canta e danza come una dea, e imita coll’ago i più bei fiori della natura. Ognuno che le sta presso stupisce dì tante sue virtù, le sue pupille l’ammirano, e molti vorrebbero averla a maestra; tutto il guadagno che ella ricava da tali esercizii lo dà ai suoi primi padroni. Noi qui la lasceremo, e torneremo da suo padre, che perdemmo in mare. Egli è giunto alla spiaggia in cui dimora sua figlia, e ivi ha gettata l’ancora. La città festeggia Nettuno... ma io parlo troppo, e tempo è invece che veggiate da voi stessi. (esce)

SCENA I.

Il vascello di Pericle In vicinanza di Mitilene. — Una tenda sovr’esso con una cortina stesa, dentro cui sta adagiato sopra un letto Pericle. — Una barca a breve distanza.

Entrano due marinari uno appartenente al vascello Tirio, l’altro alla barca; dopo essi Elicano.

Tir. Dov’è Elicano? egli mi farà ragione. Oh! eccolo. — Signore, vi è questa barca venuta da Mitilene, che porta con sè Lisimaco il governatore, che chiederebbe di parlarvi.

El. Ch’ei venga.

Tir. Signori, venite. (entrano due Gentiluomini)

Gent. Chiamaste, signore?

El. Signori, vi prego di far onore a quegli che sta per giungere. (i Gentiluomini vanno incontro a Lisimaco che arriva)

Lis. Salvete, rispettabile signore! Gli Dei vi preservino.

El. E voi anche, onde viviate fino all’età in cui io sono, e possiate morire com’io vorrei morire.

Lis. Vi ringrazio del buon auguno. Standomi sulla sponda a festeggiare Nettuno, vidi quel bel vascello, ed ebbi talento di conoscere di dove veniva.

El. Prima di tutto, signore, chi siete?

Lis. Io son governatore della terra in cui voi state.

El. Il nostro vascello è di Tiro, e ne porta il re: un uomo che in questi tre mesi non ha mai parlato con alcuno, e ha preso solo quegli alimenti che potevano bastare a prolunrare il suo dolore.