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226 | PERICLE PRINCIPE DI TIRO |
SCENA III.
Mitilene — Una stanza in un lupanare.
Entrano un Mezzano e una vecchia Cortigiana e Boult.
Mez. Boult.
Boult. Signore.
Mez. Va al vicino mercato: Mitilene è piena di zerbini. Molto perdemmo quest’anno sendo così sprovvisti di fanciulle.
Cor. Non mai ve ne fu tanta penuria. Ne abbiamo tre sole, e non possono fare più di quel che fanno: il troppo esercizio però le ha sfibrate.
Mez. Procuriamocene alcune fresche, checchè dovessimo pagarle. Se non v’è un po’ di coscienza, non si può prosperare in alcun mestiere.
Cor. Dici bene: non è l’allevare alcuni poveri orfanelli che possa arricchire: io ne ho allevati almeno dodici, senza che mi sia avanzato nulla.
Boult. Debbo andare al mercato a far ricerca?
Cor. E dove dunque? La merce che possediamo è già tutta corrosa.
Mez. Dici vero, è in istato tale che non si può più offerire ad un uomo senza far peccato. Quel povero Transilvanese che ne volle far profitto è morto.
Boult. Ma egli andò all’altro mondo già familiare colla putredine e i vermi: vado al mercato. (esce)
Mez. Tre o quattro mila zecchini basterebbero per viver bene.
Cor. Se non gli abbiamo messi insieme a sessant’anni, non gli accumuleremo più. Per questa terra il nostro conto è omai pareggiato; ma come pareggieremo l’altro di là?
Mez. Alla meglio che potremo; se non ci adoprammo mai in vita che pel piacere del nostro prossimo, dovremmo essere puniti di ciò? Ma sta... guarda Boult con chi ritorna. (entrano i Pirati e Boult trascinanti Marina)
Boult. Venite, venite. (a Mar.) — Signori, voi dite che è intatta?
1° Pir. Non ne dubitiamo.
Boult. Padrone, ho offerto una gran somma per costei: se vi piace, sborsatela, se no, avrò perduta la caparra.
Cor. Che qualità ha ella, Boult?