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ATTO QUARTO | 225 |
come il più esperto marinaio, inutili sforzi, mia madre dovè soccombere.
Leon. Vostra madre?
Mar. Ella moriva in mezzo a quel feroce nembo.
Leon. Fanciulla, recitate le vostre orazioni.
Mar. Che volete dire?
Leon. Se chiedete un po’ di tempo per pregare, io ve lo concedo. Pregate, ma non siate troppo lunga, perchè gli Dei han pronte le orecchie, ed io ho giurato di compier la mia opera presto.
Mar. Volete voi uccidermi?
Leon. Per appagare la mia signora.
Mar. Perchè vuol ella uccidermi? Io non l’offesi mai in vita mia: non le dissi mai una cattiva parola, non me le mostrai mai con poco affetto: io non uccisi mai una mosca, e se pestai per avventura un verme senza avvedermene, dopo lo piansi. Perchè merito io dunque la morte, e come può la mia morte esserle vantaggiosa, o dannosa la mia vita?
Leon. La mia incumbenza non porta di discuter l’opera, ma di compierla.
Mar. Voi non la compirete pel mondo intero, io spero. Voi avete un buon aspetto, e i vostri occhi rivelano un cuor pietoso. Io vi vidi non ha molto restar ferito, per aver voluto dividere due combattenti: la vostra bontà si appalesò in quel fatto: non la smentite ora. La vostra signora vuol togliermi la vita; ponetevi fra lei e me, e salvatemi, ch’io son la più debole.
Leon. Giurai, e non posso trasgredire. (intanto che Marina si dibatte entrano alcuni Pirati)
1° Pir. Fermati, scellerato! (Leon. corre via)
2° Pir. Cattura! Cattura!
3° Pir. A metà, compagni, a metà. Venite, portiamola sulla nave. (escono i Pir. con Marina)
SCENA II.
La stessa.
Rientra Leonino.
Leon. Quei dannati scorridori servono il gran pirata Valdes; ed han presa Marina. Se ne vada pure: non v’è speranza che ritorni. Io giurerò che l’ho uccisa e gettata in mare. Ma bisogna ch’io m’accerti che l’hanno portata via. Se dovessero lasciarla qui, converrebbe ch’io eseguissi il mio mandato. (esce)