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ATTO QUARTO
Entra Gower.
Gow. Imaginate Pericle a Tiro, ben accolto da tutti: poi la sua dolente sposa in Efeso, ascritta al sacerdozio di Diana. Volgete quindi gli sguardi sopra Marina, che il rapido scorrere della nostra scena trova già educata in Tarso da Cleone nella musica e nelle lettere, e che possiede tutte le grazie che possono rendere una fanciulla oggetto di meraviglia generale. Ma oimè! l’invidia, quel mostro spietato insidia l’infelice, e cerca di toglierle con tradimento la vita. Cleone ha una figlia già in età da marito, chiamata Filotene, che da quanto apparisce nella nostra storia, vuole starsene sempre con Marina, sia ch’ella assisa al telaio faccia scorrer sopr’esso le sue lunghe, bianche e ben tornite dita, o che coll’ago trapuntando si piaccia di più queto esercizio: sia che seduta col liuto canti, e faccia tacer stupiti i rosignuoli che piangono al suo pianto; o che con dolci versi scrivendo, narri le glorie degl’immortali. In ognuna di tali prove, quella Filotene contende seco e gareggia, come potrebbero farlo colle colombe di Paffo i neri corvi. Marina però ottiene tutte le lodi, che le son pagate come debiti e non date come doni, e tal confronto oscura tanto i vezzi di Filotene, che la moglie di Cleone intende a far morire violentemente la buona fanciulla, onde sua figlia rimanga sola ai trionfi. Per compiere sì infernale disegno, Licorida, l’ottima nudrice, vien tosto assassinata, e la maledetta Dioniza tien pronto il pugnale ad un secondo colpo. Gli eventi successivi li vedrete, se ne avete voglia. Eccovi intanto Dioniza e Leonino, l’omicida, che vengono dinanzi a voi. (esce)
SCENA I.
Tarso. — Una landa vicino al mare.
Entrano Dioniza e Leonino.
Dion. Rimembra il tuo giuramento; sarà un colpo solo che verrà ignorato da tutti. Nulla potresti fare in minor tempo, che ti fosse più proficuo. Non volere che la coscienza, che è un pezzo di ghiaccio, svegli tumulti nel tuo petto, o che la compassione,