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ATTO TERZO 221


Gent. Maraviglioso.

Cer. Amici, datemi mano, portiamola nella casa vicina. Usate ogni riguardo, perchè una ricaduta sarebbe mortale. Venite, venite, Esculapio ci guidi! (escono portando Taisa)

SCENA III.

Tarso. — Una stanza nella casa di Cleone.

Entrano Pericle, Cleone, Dionisa, Licorida e Marina.

Per. Onorato Cleone, bisogna ch’io me ne vada; l’anno è scorso, e Tiro versa in torbida calma. Abbiatevi i miei ringraziamenti sinceri, voi e la vostra signora, e gli Dei vi siano propizi.

Cl. I dardi della fortuna che vi ferirono, ferirono noi pure.

Dion. Oh! se aveste potuto condurre qui la vostra amata sposa, quale lietezza ne avremmo provata.

Per. Noi non possiamo che rassegnarci ai voleri del Cielo: se io anche ruggissi di dolore, come il mare in cui essa giace, non potrei riaverla. La mia figlia, Marina (che per essere nata in mare ho così chiamata), affido all’amor vostro, e alle vostre cure, supplicandovi di allevarla come si addice alle figlie dei re, che tale ella è pur sempre.

Cl. Non temete, signore, la vostra bontà che ne soccorse con quelle vettovaglie, per cui le preghiere di questo popolo sempre s’innalzano per voi, vi sarà ricambiata nella vostra figlia. Se io dovessi trasandare tal dovere, il popolo aiutato da voi me ne farebbe sovvenire: ma se dovessi abbisognare di tale stimolo, vorrei che gli Dei maledicessero me e la mia generazione, fino al suo ultimo discendente.

Per. Vi credo senza che giuriate; ho piena fede nell’onor vostro, nella vostra bontà. Così io mi accomiato da voi, confidandola alle vostre cure.

Dion. Ho una figlia anch’io, che non mi sarà più cara di quello che mi sia la vostra, signore.

Per. Ve ne ringrazio.

Cl. Vi accompagneremo fino alla riva, ed ivi imploreremo per voi i venti più miti.

Per. Aderisco di buon grado all’offerta. Venite, signore. Oh! non piangere, Licorida, non piangere: abbi in pensiero la tua piccola fanciulletta, da cui omai dipenderai. — Venite, amici. (escono)