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ATTO SECONDO | 213 |
il nostro principe vive, ditecelo, e additateci qual terra è fatta felice dalla sua presenza: se ei vive nel mondo, noi lo troveremo: se riposa nella tomba, lo troveremo pure: noi siamo contenti, se vive, che ne governi; o se è spento, vogliamo piangerlo con splendidi funerali. Ma in quest’ultimo evento ci sia permesso di venire ad una nuova e libera elezione.
2° Sign. La sua morte, a nostro avviso, è cosa da non porsi in dubbio: ora conoscendo noi che questo regno senza capo (come le belle fabbriche senza tetto) presto rovinerebbe, a voi, a cui son note tutte le arti del governare, ci sommettiamo, acclamandovi nostro principe.
Tutti. Viva il nobile Elicano!
El. Indugiate, se è vero che amiate il principe Pericle. Dov’io mi arrendessi al vostro desiderio, sarei degno d’ogni pena. Anche per un anno aspettate a fare la vostra scelta, e se in questo tempo non torna il nostro re, io porterò pazientemente il giogo che mi volete imporre. Intanto ite in traccia di lui, e spendete la vita per ritrovarlo: egli saprà ricompensarvi degnamente di tale zelo.
1° Sign. Pazzo è colui che non vuole arrendersi ai consigli della saviezza: il giusto Elicano ne suggerisce una cosa retta, e dobbiamo fare quello che ei dice.
El. Così uniti d’amore noi ci sosterremo sempre, e il nostro regno non crollerà. (escono)
SCENA V.
Pentapoli. — Una stanza nel palazzo.
Entra Simonide leggendo una lettera: alcuni cavalieri gli vanno incontro.
1° Cav. Buon giorno al buon Simonide.
Sim. Cavalieri, per ufficio di mia figlia vi significo, che per quest’anno ella non si mariterà: le ragioni che ha di ciò sono conosciute a lei sola. Io non potei indurla a dirmele.
2° Cav. Non possiamo aver accesso da lei, signore?
Sim. No, ella ha dati per ciò gli ordini più recisi. Anche per dodici lune ella vuol portare le insegne di Diana: di questo ha fatto voto, per l’occhio di Cinzia, nè infrangerà il suo onore verginale.
3° Cav. Sebbene con rincrescimento, noi ci prendiamo dunque congedo da voi. (escono)
Sim. Eccomi sbrigato di costoro: mia figlia nella sua lettera