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ATTO PRIMO 201

in me prepotente, m’indusse a fuggire sotto la salvaguardia di una oscura notte che benignamente si stese, e qui venni memore del passato e trepido dell’avvenire. Io so ch’egli è un tiranno, e i timori dei tiranni non decrescono, ma aumentano col trascorrer dei giorni. E se dubitasse (come certo dubiterà) ch’io palesar possa pure all’aere di quanti valorosi principi egli sparse il sangue per continuare nel godimento del suo amore scellerato, ad un tal dubbio egli certo assalirebbe questa terra, e valendosi di qualche pretesto, spargerebbe le stragi fra i miei sudditi, non risparmiando nè il sesso, nè l’innocenza. L’amore che io porto al mio popolo (di cui tu sei uno dei più degni rappresentanti, e che tanto meriti il mio affetto...)

El. Oimè, signore!

Per. Mi toglie il sonno dagli occhi, il sangue dalle guancie, la saviezza dalla mente, e mi suscita mille incertezze intorno al modo di allontanare questo flagello.

El. Bene, signore, dappoichè voi mi deste licenza di parlare liberamente, io favellerò. Voi temete con ragione di Antioco che, o con pubblica guerra, o con privata tradigione, vorrà rapirvi la vita. Quindi, signore, io vi consiglio di andar a viaggiare, finchè la sua rabbia sia passata, o i destini abbiano recisi i fili della sua vita. Intanto confidate a qualcuno i vostri poteri, e se prescegliete me, il dì non sarà più fedele alla luce, ch’io a voi non sia.

Per. Non dubito della tua fede, ma se egli dovesse prevalersi della mia assenza per.....

El. Mescoleremo insieme il nostro sangue sulla terra, da cui ricevemmo l’essere e la vita.

Per. Tiro, io mi accomiato dunque da te, e drizzerò i miei passi a Tarso. Là tu mi spedirai tue novelle, e dalle tue lettere prenderò governo. Io rimetto a te le cure che ebbi sempre pel bene dei miei sudditi, a te che per saviezza non puoi venire meno a tal carico. La tua parola mi risponde della tua fede, nè ti chieggo sacramenti: chi può mancare all’una, può mancare agli altri. Colla nostra separazione noi mostreremo al mondo che le avverse circostanze sono inette a mutare il cuore di un suddito leale, o di un buon principe. (escono)

SCENA III.

Tiro. — Un’anticamera nel palazzo.

Entra Taliardo.

Tal. Eccomi alfine nella Corte di Tiro. Qui debbo io uccidere il re Pericle, o se nol fo, trovar la morte riedendo in patria.