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ATTO QUINTO 187


Duc. Parlerò almeno liberamente. — Ma oimè! Povere sfortunate, veniste voi qui a cercar l’agnello negli antri della volpe? Qui non v’è giustizia. Il duca è partito, e la vostra causa è perduta. Fu un’ingiustizia del duca il non udire il vostro reclamo, e il rimetterne l’esame allo scellerato che veniste ad accusare.

Luc. Ecco il furfante; è quegli di cui vi ho parlato.

Esc. Frate irriverente e profano, non ti basta d’aver subornate queste giovani, onde accusino un uomo virtuoso, senza che l’infame tua bocca venga ancora a dirgli che è uno scellerato? E il duca ancora osi chiamare ingiusto? Guidatelo lungi di qui; infliggetegli una crudele tortura. Gli premeremo le membra fra piastre di ferro, fino che abbia svelate tutte le sue colpe. Il duca è ingiusto?

Duc. Non vi accendete tanto. Il duca non oserebbe neppur pungermi un dito con un ago: non sono suo suddito, nè debbo rendergli conto della mia condotta. I doveri del mio stato mi han messo a tale di osservare i costumi di Vienna, ed ho veduto ribollirvi tutti i vizii: vi ho vedute leggi per ogni delitto, ma così poco osservate, che servono a far ridere, piuttostochè a far tremare.

Esc. Calunniar lo Stato! Sia guidato prigione.

Ang. Messer Lucio, che cosa potete dir contro quest’uomo? È quello di cui ci avete parlato?

Luc. Quello, signore. — Venite qua, mio buon vecchio dalla testa calva. Mi conoscete?

Duc. Vi conosco al suono della voce: vi ho veduto nelle prigioni nell’assenza del duca.

Luc. E rammentate quello che mi avete detto del duca?

Duc. Assai chiaramente.

Luc. Affè? E il duca era dunque un mercante di carne umana, un pazzo, un vile, come l’assicuraste?

Duc. Bisogna, signore, che mutiate di persona con me, prima di metter tali propositi sul mio conto: foste voi che parlaste in tal guisa di lui, e che ne diceste anche peggio.

Luc. Oh scellerato! Non t’avventai io una gotata per le tue scortesi parole?

Duc. Protesto che amo il duca quanto me stesso.

Ang. Udite come il marrano vorrebbe trarsi d’impaccio dopo i suoi tradimenti e i suoi oltraggi?

Esc. Non attendiamo più oltre a colui: guidatelo in prigione. Dov’è il prevosto? Guidatelo in prigione: chiudete a doppie sbarre le sue porte: ch’ei non apra più bocca. — Quelle sciagurate sian del pari condotte via. (il Prev. afferra il Duca)