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186 | MISURA PER MISURA |
nistro, procedete in questo giudizio come meglio vi parrà, e infliggete quella pena che più vi piace. Vi lascio per alcuni istanti, non vi muovete di qui, se prima non abbiate sventate le frodi dei vostri calunniatori.
Esc. È quello che procureremo di fare. (il Duc. esce) Lucio, non avete detto che conoscete fra Luigi per uomo disonesto?
Luc. Cuculus non facit monachum. Egli non è onesto che nell’abito: è un uomo che ha tenuti i più infami propositi sul conto del duca.
Esc. Resterete qui finchè venga per provar quanto dite. Scopriremo in quel frate un gran malandrino.
Luc. Il maggiore che vi sia in Vienna, ve ne assicuro.
Esc. Ritorni Isabella; vorrei parlare con lei. — Vi prego (ad Ang.) di lasciare a me il carico d’interrogarla: vedrete come saprò metterla a nudo.
Luc. Non meglio di quello ch’egli abbia fatto, da ciò ch’essa dice.
Esc. Che cosa intendete?
Luc. Intendo che si lascierebbe mettere a nudo piuttosto in privato che in pubblico: la vergogna in pubblico forse gliene impedirebbe.
Esc. La guiderò meco in disparte, e l’adagierò come merita.
Luc. Quest’è il vero mezzo: perchè dinanzi agli altri le donne son sempre ritrose. (rientrano Uffiziali con Isabella, il Duca vestito da frate e il Prevosto)
Esc. (a Is.) Venite, donzella: ecco una giovane che nega tutto quello che avete detto.
Luc. Signore, questo è il miserabile di cui vi ho parlato; egli viene col prevosto.
Esc. Molto opportunamente. — Non gli parlate senza che ve l’ordiniamo.
Luc. Sarà fatto.
Esc. Avanzatevi, messere. Foste voi che eccitaste queste giovani a calunniare il signor Angelo? Esse han confessato che foste il loro istigatore.
Duc. Ciò è falso.
Esc. Sapete a chi parlate?
Duc. Omaggio e rispetto alla vostra dignità, ma il demonio stesso qualche volta è onorato a cagione del suo splendido trono. — Dov’è il duca? È egli che deve intendermi.
Esc. Il duca risiede in noi e noi vi udiremo: pensate a dire la verità.