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162 | MISURA PER MISURA |
Luc. Come sta la mia cara amica, tua buona padrona? Fa sempre buon traffico? Ah?
Cl. In verità, signore, ella si è mangiato tutto il terreno sotto ai piedi, e sta per precipitare.
Luc. A meraviglia; è giusto, così deve essere. La catastrofe è degna di lei. Vai tu in prigione, Pompeo?
Cl. Sì, in fede, signore.
Luc. Non è male a proposito, Pompeo. Va, e di’ ch’io ti mando. Vai per debiti, o come?
Gom. Per essere un mezzano, per essere un mezzano.
Luc. Imprigionatelo, e fate bene; la prigione gli gioverà. Egli è un mezzano e antichissimo; mezzano nacque e morirà. Addio, buon Pompeo: raccomandami alla prigione, Pompeo: imparerai come si faccia economia.
Cl. Spero, signore, che vorrete essermi garante.
Luc. No, in verità, no, Pompeo; non è di moda. Pregherò Pompeo, perchè si aggravino i tuoi ceppi: se non li sopporti pazientemente, peggio per te: addio, leal Pompeo. — Iddio vi guardi, frate.
Duc. E voi anche.
Luc. Ma Brigida s’imbelletta sempre, Pompeo? Ah?
Gom. Venite, messere, andiamo.
Cl. Voi non volete dunque essermi cauzione, signore?
Luc. Fra poco, Pompeo, non ora. — Quali novelle, frate? Quali novelle?
Gom. Venite, messere, andiamo.
Luc. Va al canile, Pompeo, va. (escono Gom., il Cl. e gli Uff.) Che novelle del duca, frate?
Duc. Non ne ho alcuna: sapreste voi darmene?
Luc. V’è chi dice che sia coll’imperatore di Russia, altri affermano che si trova in Roma: dove credereste voi che fosse?
Duc. Non saprei dirlo; ma ovunque sia, gli auguro ogni bene.
Luc. Fu una pazzia la sua partenza, di cui il signor Angelo si prevale assai; egli recita bene da duca in sua assenza, e oltrepassa anche i poteri lasciatigli.
Luc. In ciò fa bene.
Duc. Un poco più d’indulgenza pel libertinaggio non recherebbe alcun danno: egli è troppo severo in ciò, frate.
Duc. È vizio diffuso assai, e cui la sola severità può vincere.
Luc. Sì davvero, è il vizio di una numerosa famiglia, ma che è impossibile di estirpare, a meno che non si vieti agli uomini di alimentarsi. Si dice che quell’Angelo non sia stato formato da