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ATTO SECONDO 145


Esc. Molto mi dolgo della morte di Claudio; ma non vi è riparo.

Giud. Il signor Angelo è assai severo.

Esc. Era necessario. La clemenza cessa di esser tale quando vien prodigata; il perdono ingenera allora un secondo delitto e... ma nondimeno, povero Claudio, esso mi fa pietà. Andiamo, andiamo. (escono)

SCENA II.

Un’altra stanza nella stessa casa.

Entrano il Prevosto e un Domestico.

Dom. Egli sta attendendo ad un negozio, ma verrà presto. Vi annunzierò.

Prev. Vi prego di farlo. (il Dom. esce) Vengo per sapere i suoi ordini; potrebb’essere ch’ei si lasciasse piegare. Oimè! il delitto di questo sciagurato è come commesso in sogno! Tutte le età, tutti gli uomini ne fecero di simili, senza per ciò dover morire. (entra Angelo)

Ang. Che volete, Prevosto?

Prev. È vostra intenzione che Claudio muoia dimani?

Ang. Non vi ho già detto di sì? Non ne aveste l’ordine? Perchè venite a ridomandarmelo?

Prev. Per tema di non agire troppo inconsideratamente. Ho veduto qualche volta la giustizia pentirsi dei suoi decreti.

Ang. Di codesto non vi calga; fate il vostro dovere, o rassegnate l’ufficio: si può procedere a meraviglia anche senza di voi.

Prev. Vi chieggo perdono, signore. — Che si farà poi della gemente Giulietta? Ella è vicina al suo termine.

Ang. Conducetela in qualche luogo più idoneo senz’altri indugii. (rientra il Domestico)

Dom. Vi è la sorella del condannato che chiede di esser ammessa in vostra presenza.

Ang. Ha egli una sorella?

Prev. Sì, signore, una virtuosissima fanciulla che sta per entrare in una comunità di suore, se non vi è già entrata.

Ang. Fatela venire. (il Dom. esce) Quell’altra poi conducetela lontano, fornendola di quello che le è necessario.

Prev. Così farò. (ritirandosi)

Ang. Fermatevi anche un momento. (entrano Lucio e Isabella) Siate la benvenuta; (a Is.) cosa bramate?

Is. Voi vedete una infelice supplicante: vi chieggo la grazia di ascoltarmi.