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136 | MISURA PER MISURA |
scete; ella è mia moglie, e non ci manca che di averlo dichiarato, e di aver compite le cerimonie esteriori. Questo non abbiam fatto solo per conservar una dote che resta nello scrigno dei suoi parenti, ai quali abbiam creduto di dover celare l’amor nostro fino a che il tempo ce li renda propizii. Ma la sventura vuole che il segreto della nostra unione si legga in caratteri troppo visibili sulla persona di Giulietta.
Luc. Un fanciullo, forse?
Claud. Oimè! sì, sventuratamente; e il nuovo ministro che fa le veci del duca..., non so se per l’albagìa di un’autorità novella, o se il corpo dello Stato rassomiglia a un cavallo montato dal suo scudiere, che venuto in sella da poco per fargli sentire la sua forza e il suo impero, gl’immerge nel ventre gli speroni; o se la tirannia è congiunta colla dignità, ovvero coll’uomo che l’esercita...; ma questo nuovo governatore ha riposte in vigore, per mio danno, tutte le passate leggi penali che, come un’armatura antica e rugginosa sospesa al muro, erano rimaste dimenticate per lo spazio di diciannove rivoluzioni dello zodiaco, senza che niuna di essa fosse attuata: oggi dunque, per farsi un nome, egli rimette in campo quella legge, sì a lunga negletta, che mi condanna fatalmente: questo ei fa per dare a parlare di sè.
Luc. Io pure direi che tale è il suo unico scopo, onde la tua testa è così fragilmente attaccata alle tue spalle, che il sospira di una pastorella innamorata potrebbe abbatterla. Manda a chiedere del duca, e appellatene a lui.
Claud. Ne ho già fatto ricerca, ma non si sa dove sia. — Te ne supplico, Lucio, fammi un servigio: oggi mia sorella deve entrare in religione per cominciarvi il suo noviziato: dàlle a conoscere il pericolo della mia situazione; pregala d’intromettersi per me; dille di andare ella stessa dal rigido ministro. In ciò ripongo le mie migliori speranze; perocchè vi è nelle grazie della sua giovinezza un linguaggio muto e commovente, ben atto a intenerir gli uomini; ed ella ha inoltre molto ingegno, e potrebbe colla parola dissuadere quel magistrato dalla sua ferità.
Luc. Prego il Cielo che vi riesca, così per la salute degl’altri colpevoli della tua specie, come per serbare a te la vita. Io sarei ben dolente, che tu dovessi sì miseramente morire al giuoco dell’amore. Vado da lei.
Claud. Te ne ringrazio mille volte, mio buon Lucio.
Luc. Fra due ore...
Claud. Andiamo, Prevosto, tutto è detto. (escono)