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ATTO PRIMO 133

che quei principi che li ricercano con ardore adoperino con sagacità. Anche una volta, addio.

Ang. Il Cielo faccia riescire a bene ogni vostro disegno.

Esc. Egli guidi i vostri passi, e vi riconduca felicemente.

Duc. Vi ringrazio, addio. (esce)

Esc. Vi prego, signore, di concedermi un’ora di libero colloquio; giova ch’io m’istruisca su quanto m’incombe: mi fu trasmessa una parte di potere, ma non so fin dove si estenda, e di qual natura sia.

Ang. Io pure sono come voi. Ritiriamoci; appuriamo ì nostri mezzi.

Esc. Vi accompagnerò con piacere. (escono)

SCENA II.

Una strada.

Entrano Lucio e due Gentiluomini.

Luc. Se il duca cogli altri duchi non viene ad una composizione col re di Ungheria, tutti i duchi cadranno sopra il re!

Gent. Voglia il Cielo concederci la sua pace, ma non quella del re di Ungheria.

Gent. Amen.

Luc. Tu concludi come il divoto pirata che si pose in mare coi dieci comandamenti, e poi ne cancellò uno dalla tavola.

Gent. Tu non ruberai?

Luc. Sì, questo cancellò.

Gent. Fece bene, perchè era troppo in contraddizione con la intera sua vita. Non vi è fra di noi tutti un soldato che nell’azione di grazia che precede il pasto gusti molto la preghiera che chiede pace.

Gent. Non mai udii alcun soldato a disamarla.

Luc. Ti credo, perchè penso che tu non ti sia mai trovato nei luoghi dove si pregava. Ma, vedi chi viene?

Gent. Un buon seme; esso ci ha conciati tutti come va.

Luc. Te solo ha conciato, te che se non eri anche preda di lei, lo saresti divenuto dell’empietà. (entra Madonna Tutto-è-Fatto)

Gent. Come va, comare? In quale dei vostri femori infierisce ora la sciatica?

Tut. Via, via; è stato arrestato là in fondo e condotto prigione un uomo che valeva cinquemila vostri pari.