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108 | LA DODICESIMA NOTTE O QUEL CHE VORRETE |
a cui s’adopera fra il suo signore e mia nipote lo conferma: per conseguenza questa lettera, capolavoro d’ignoranza, non gl’ispirerebbe alcun terrore, ed egli si avvedrebbe tosto ch’essa fu scritta da uno stupido ignorante. Io gli farò dunque la sfida a voce; gli dirò che ser Andrea gode un’ottima fama, e darò al giovine (cui l’età deve render credulo) l’idea più terribile della sua scienza, della sua foga impetuosa. Con tale stratagemma rimarranno tanto spaventati l’uno dell’altro che scambievolmente si uccideranno cogli sguardi da veri basilischi (entrano Olivia e Viola)
Fab. Egli vien qui con vostra nipote; lasciateli insieme finchè s’accomiati da lei, e poscia seguitelo.
Tob. Intanto mediterò alle terribili parole con cui gli esporrò la sfida. (esce con Fab. e Mar.)
Ol. Troppo anche dissi a un cuore di pietra, e a troppo buon prezzo posi il mio onore. V’è in me una voce segreta, che mi rimprovera il mio fallo, sebbene il sentimento che mi trascina sia tanto forte da farmi disprezzare ogni considerazione.
Viol. La passione del mio signore, procede del pari da una inclinazione invincibile.
Ol. Prendete, e portate questo pegno in memoria di me; è il mio ritratto, non lo rifiutate; egli non ha lingua che possa esservi importuna, e ve ne scongiuro, ritornate dimani. Che potreste voi dimandarmi ch’io vi rifiutassi di tutto ciò che l’onore può concedere senza compromettersi?
Viol. Altra grazia non vi dimando che una corrispondenza di affetti col mio signore.
Ol. Come poss’io, senza lordare il mio onore, dargli quella che ho di già dato a voi?
Viol. Vi sdebiterò d’ogni carico.
Ol. Via, ritornate dimani, addio: un demonio simile a voi potrebbe trasportare la mia anima all’inferno. (esce: rientrano ser Tobia Belch e Fabiano)
Tob. Gentiluomo, Iddio ti salvi.
Viol. E voi anche, signore.
Tob. Pensa a valerti in tua difesa di quanto coraggio hai: di qual natura siansi gli oltraggi che tu gli hai fatti, non so: ma il tuo nemico pieno di collera, assetato di sangue come un cacciatore, ti aspetta al termine dell’orto. Snuda la tua spada; apprestati alla battaglia perchè il tuo assalitore è ardito e tremendo.
Viol. Prendete un equivoco, signore, io son sicuro che niuno ha contese con me, e la mia coscienza mi guarentisce che non feci mai male ad alcuno.