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106 LA DODICESIMA NOTTE O QUEL CHE VORRETE


Mal. Aah! è egli vero?

Tob. Ite, ite, convien che trattiam seco dolcemente; lasciateci soli. — Come va, Malvolio? Come state? Su via, sfidate il diavolo, e ricordatevi ch’egli è il nemico del genere umano.

Mal. Sapete voi quello che esprimete?

Mar. Se gli parlate male del diavolo, se ne sdegnerà. Preghiamo Dio ch’ei non sia stregato.

Fab. Convien portar la sua urina a qualche comare.

Mar. È quello che farò dimattina se sono al mondo; madonna dorrebbesi assai di perderlo.

Mal. Che dite, fanciulla?

Mar. Oh signore!

Tob. Te ne prego, taci, questo non è il modo: vedi come lo turbi? Lasciami solo con lui.

Fab. Non c’è altra via che la gentilezza: gentilmente, gentilmente: il demonio è rozzo, e non vuol esser trattato con rozzezza.

Tob. Ebbene, mio bel gallo, come va?

Mal. Signore?

Tob. Vieni con me, te ne prego. Coraggio. Non si addice a un uomo grave come te, il celiare col diavolo; manda all’inferno quel carbonaio.

Mar. Cercate d’indurlo a dir le sue orazioni; buon ser Tobia, esortatelo a pregare.

Mal. A pregare, furfantella?

Mar. Ah! pur troppo, non vorrà udir discorrere di nessuna cosa sacra.

Mal. Andate tutti al demonio, teste vuote e leggere: io non son composto dei vostri elementi, e ve ne convincerete in seguito. (esce)

Tob. È egli possibile?

Fab. Se si recitasse tal commedia in teatro, potrebbe venir condannata come una funzione inverosimile.

Tob. Egli si è lasciato interamente avvolgere nel laccio che gli fu teso.

Mar. Seguitatelo ora, per tema che il nostro disegno non ci fallisca.

Fab. Ma lo faremo impazzire.

Mar. La casa diventerà con ciò più tranquilla.

Tob. Venite, lo chiuderemo legato in una camera scura. Mia nipote è già persuasa ch’ei sia pazzo. Noi possiam tirare in lungo questo diporto, per diletto nostro e per suo castigo, fino a che