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ATTO TERZO | 103 |
e si pagano con questa moneta che non è in corso. Ma se il mio potere eguagliasse i miei affetti e il mio desiderio, voi sareste meglio ricompensato. — Che farem noi? Andremo a vedere insieme gli avanzi degli antichi monumenti di questa città?
Ant. Dimani, amico. Intanto andate a vedere il vostro alloggio.
Seb. Non sono stanco, e molto vi è ancora di qui a notte: ve ne prego, andiamo a ricreare i nostri occhi, colla vista di quelle antichità che dan tanta rinomanza a questo paese.
Ant. Vi chieggo di scusarmi: non potrei passeggiare senza pericolo per queste strade. Una volta in un combattimento di mare, prestai qualche servigio contro le galere del Duca, e se fossi preso, non saprei trarmi d’impaccio.
Seb. Forsechè voi gli uccideste molti sudditi?
Ant. L’offesa mia non è di natura sì grave sebbene le circostanze e il litigio ne ponessero in diritto di venire a quell’estremità. Si sarebbe potuto ripararla poscia, restituendo quello che avevam catturato, ed è ciò che fecero molti abitanti del nostro paese: ma io rifiutai ogni composizione, e se quindi venissi arrestato, la pagherei cara.
Seb. Non vi mostrate allora per le vie.
Ant. Sarei imprudente facendolo. Or dunque tenete, mio amico, eccovi la mia borsa: il miglior albergo che possiate trovare è l’Elefante nel sobborgo del mezzodì. Andrò a darvi gli ordini opportuni intorno al modo con cui vogliamo essere trattati, intantochè voi vi divertirete a percorrer la città, che offre pascolo alla curiosità ed alla scienza.
Seb. Ma perchè la vostra borsa?
Ant. Forse vedrete qualche balocco che desidererete di acquistare; e i vostri denari, da quel che imagino non devono essere destinati a frivoli acquisti.
Seb. Ebbene, sarò il vostro portaborsa, e vi lascierò per un’ora.
Ant. All’Elefante...
Seb. Me ne rammento. (escono)
SCENA IV.
Il giardino di Olivia.
Entrano Olivia e Maria.
Ol. L’ho mandato a chiamare, e dice che verrà: ma come lo accoglierò io? Che cosa gli donerò, perocchè la gioventù ama più