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96 | LA DODICESIMA NOTTE O QUEL CHE VORRETE |
Tob. E non le chiederei altra dote, che una seconda beffa simile.
And. Nè di più le dimanderei io. (entra Maria)
Fab. Ecco la nostra esperta deluditrice degli stolti.
Tob. Vuoi tu pormi i piedi sul collo?
And. O piuttosto sul mio?
Tob. Debbo giuocare la mia libertà a pari o caffo, e divenirti schiavo?
And. O il debbo far io?
Tob. Tu l’hai posto in tali imaginazioni, che quando esse lo abbandoneranno, egli ne impazzirà.
Mar. Dite il vero, fu grazioso l’effetto? Operò su di lui il farmaco?
Tob. Come l’acquavita in una comare.
Mar. Se volete vedere i frutti di tal trovato siate presenti al suo primo incontro colla mia signora. Ei le anderà dinanzi in calze gialle, colore ch’essa abborre, e in giarrettiere dorate, moda che detesta, e le farà sorrisi, che si adatteranno così male al di lei stato di tristezza, che impossibile è che non ne risulti per costui il maggior disprezzo. Se siete vaghi di tale scena seguitemi.
Tob. Fino alle porte del tartaro, graziosissimo diavoletto.
And. Nè io mi perderò a zoppicare. (escono)