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ATTO QUARTO 391


Biond. Ed essi vogliono stendere un falso atto 'cum privilegio ad imprimendum solum. Tali sono le vostre opere, tali le vostre intenzioni: io me ne lavo le mani. (andandosene)

Luc. Ascoltami, Biondello.

Biond. Non posso più restare. Ho conosciuto una fanciulla maritata improvvisamente, come se di niun conto fosse tale cerimonia: voi potreste ammogliarvi del pari, signore, e credo che intendiate di farlo. Addio, signore, il mio padrone mi ha comandato di andare alla chiesa di san Luca per dire al prete di star pronto, per quando voi arriverete colla vostra appendice. (esce)

Luc. Così ella mi segua com’io di buon grado v’andrò. Ma perchè dubiterei io del voler suo? Avvenga quello che vuole, io andrò in traccia di lei: troppa sciagura sarebbe che Cambio ritornasse senz’essa. (esce)

SCENA V.

Una strada pubblica.

Entrano Petrucchio, Caterina e Ortensio.

Pet. Venite, venite, in nome di Dio! siamo alla casa di vostro padre. Buon Dio! come splendida e bella mostrasi questa sera la luna!

Cat. La luna! è il sole: non vi è raggio di luna ora.

Pet. Vi dico che è la luna, che risplende così lucida.

Cat. Ed io so che è il sole che manda quello splendore.

Pet. Oh! pel figlio di mia madre, ossia per me stesso, sarà la luna, o una stella, o quello che mi pare. Sempre contraddite: torniamo indietro, tali opposizioni m’indispettiscono.

Or. (a Cat.) Dite com’egli vuole, o non arriveremo più a casa.

Cat. Ve ne prego, poichè siam venuti così da lontano, continuiamo, e sia pure la luna, o il sole, o tutto quello che vi piacerà. Se voleste anche che fosse una candela, vi giuro che tale io pure la chiamerei.

Pet. Dico che è la luna.

Cat. Io pure lo dico.

Pet. Mentite; è il benefico sole.

Cat. Dio sia benedetto! è il benefico sole: ma cessa di essere il sole dacchè voi dite che non lo è; e la luna muta a tenore delle vostre idee. Qualunque cosa però vogliate chiamarla, cosa eguale sarà anche per Caterina.

Or. Petrucchio, andiamo innanzi: il campo di battaglia è preso.