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ATTO QUARTO 387


Cat. Di buon gusto o no, quel cappello mi piace, e l’avrò, o non ne porterò altri.

Pet. Ah! volete una veste? Vediamola, sartore. Oh! grazia di Dio, che razza di stoffa è cotesta? Che cosa v’è qui? Una manica? Si direbbe che fosse un mezzo cannone. È essa tutta uguale e di tale ampiezza? Per tutti i diavoli che specie di abito le hai tu fatto, sartore?

Or. (a parte) Da quello che preveggo, essa non avrà nè veste, nè cappello.

Sart. Voi mi comandaste di fare un abito di moda.

Pet. Sì, ve lo comandai, ma non vi dissi di fare un abito deforme, e di guastarlo per moda. Via, uscite di qui, e siate sicuro ch’io non verrò più da voi. Portate via questa goffa moda, che mi indispettisce.

Cat. Non ho mai veduta una veste più bella in vita mia. Da quello che mi sembra, voi vorrete vestirmi da bambola.

Pet. Sì, dici bene; quest’uomo farebbe di te una bambola.

Sart. La signora nota che siete voi, che farete di lei una bambola.

Pet. Oh eccesso d’insolenza! tu menti, figlio di un ago; auna, bottone, bavero mal tagliato. Verrai tu qui a ostentare la ridicola tua boria? Esci mentecatto, vile e abbietto sarto, o ti farò ricordare per tutta la vita della tua lingua insolente! Io ti dico anche una volta che tu le hai guastato quell’abito.

Sart. V’ingannate signore. Quell’abito è fatto come fu ordinato. Grumio, che me lo commise, potrà attestarlo.

Grum. Io non dissi nulla, recai solo la stoffa.

Sart. Ma come diceste che fosse tagliata?

Grum. Per bacco! colle forbici.

Sart. L’ordinazione sta scritta in questa carta: essa potrà giustificarmi.

Pet. Leggila.

Grum. Quella carta mente, se asserisce ch’io ho detto quello di cui egli mi accusa.

Sart. In primis, una veste larga ed ampia...

Grum. Se ho mai parlato di veste ampia e larga, ch’io sia bastonato. Dissi solo una veste.

Pet. (al Sart.) Continuate.

Sart. Col collo stretto, e ben guarnito.

Grum. È vero che questo l’ho detto.

Sart. Colle maniche arrovesciate...

Grum. Non più di due però.