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362 LA MALA FEMMINA DOMATA

ATTO SECONDO


SCENA I.

Una stanza nella casa di Battista.

Entrano Caterina e Bianca

Bian. Cara sorella, non mi fate l’oltraggio e nol fate a voi stessa, di ridurmi allo stato di fante. Io mi toglierò tutti questi vani ornamenti, se lo desiderate; farò quel che volete, tant’è il rispetto che vi porto.

Cat. Ti comando di dichiararmi quale è di tutti i tuoi adoratori quello che tu ami di più; pensa a non dissimularmi il vero.

Bian. Credetemi; sorella, fra tutti gli uomini che vivono non ne ho ancora veduto uno che mi piaccia veramente.

Cat. Ipocrita, tu menti: non ami forse Ortensio?

Bian. Se egli vi piace, sorella, giuro che gli parlerò per voi, e farò ogni sfozo per procurarvelo.

Cat. Se così è, preferirete dunque le ricchezze, aspirerete a Gremio per esser doviziosa?

Bian. È forse a cagion sua che siete gelosa di me? Via, mi avveggo che non è che una celia, e vi prego di mutar discorso.

Cat. (battendola) Se prendi questi colpi per celie, potrai prendere del pari tutto il resto. (entra Battista)

Batt. Come, Caterina! Da che procede tanta insolenza? — Bianca: allontanatevi — Povera fanciulla! Essa piange! Va; mia figlia, rientra nella tua stanza, e non parlar mai più con costei. — Tu, spirito diabolico, perfida giovine, perchè bistratti così tua sorella che non ti ha mai causato il più piccolo dolore? Quando ti ha ella pur solo contraddetta, o dato il più lieve rimprovero?

Cat. Il suo silenzio m’insulta, e saprò vendicarmi. (insegue Bianca)

Batt. Che! anche sotto ai miei occhi? Esci tu Bianca. (Bianca esce)

Cat. Voi non potete soffrirmi. Veggo bene che amate lei sola, e che ella avrà uno sposo, mentre a me converrà danzare a piedi nudi a motivo della predilezione che nudrite per lei. Tacete, non dite altro; vado a rinchiudermi, e a piangere di rabbia fine a che possa trovare l’occasione di vendicarmi. (esce)