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ATTO QUARTO 331


Laf. Vattene, furfante, tu m’infastidisci: vattene ed abbi cura dei miei cavalli.

Vil. Essi sono di aspetto sì misero, che credo esigerebbero gli estremi ufficii. (esce)

Laf. Un astuto malandrino, ve ne assicuro.

Cont. Il povero mio marito ne traeva gran diletto. È per voler suo ch’ei resta in questa casa, ed ei se ne prevale onde prorompere in ogni impertinenza.

Laf. I suoi scherzi sono però talvolta pieni di sale. Ma tornando al nostro discorso, debbo dirvi che, dappoichè ho saputa la morte di quella degna signora, e che vostro figlio stava per rimpatriare, ho pregato il re perchè gli parli in favore di mia figlia: e Sua Maestà, a cui molto piacerebbe tale matrimonio, ha promesso di farlo, dichiarando che coll’arrendersi ad una tale unione soltanto potrà il figliuol vostro togliersi quell’odio ch’egli ha contro di lui concepito. Quale vi sembra la proposta?

Cont. Essa mi fa il maggior piacere e desidero che si compia lietamente.

Laf. Il re torna da Marsiglia, vegeto come quando aveva trent’anni, e sarà qui dimani.

Cont. Godo assai di poterlo rivedere prima di morire. Ho lettere che mi annunziano che mio figlio pure sarà qui questa sera. Vi pregherò di restare con me fino a che entrambi si siano incontrati.

Laf. Io pensavo, signora, in qual modo potrei essere ammesso alla sua presenza.

Cont. Per ciò non avete bisogno che di far valere gli onorevoli vostri titoli.

Laf. Di questi ho fatto un uso ben esteso; ma per grazia del Cielo saranno apprezzati ancora. (rientra il Villico)

Vil. Oh signora! di là sta vostro figlio con un brano di velluto sul volto; se vi sia, o no una cicatrice disotto, il velluto solo lo sa; ma è un gran bel drappo, ed è peccato che non sia stato impiegato a miglior uso.

Laf. Una ferita nobilmente ottenuta è una bella divisa d’onore; tale forse è questa.

Vil. Ma se essa è bella, toglie però la bellezza al viso che la porta.

Laf. Andiamo a vedere vostro figlio; (alla Cont.) ardo dal desiderio di favellare con quel giovine guerriero. (escono)

Vil. In verità vi è una dozzina di costoro che, sebbene vestiti splendidamente, piegano il capo, e si peritano dinanzi ad ogni uomo. (esce)